Il puerperio

“Il Signore aggiunse a Mosè: «Riferisci agli Israeliti: quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L’ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatrè giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Ma se partorisce una femmina, sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; essa sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna che partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda»”

Effinalmente, diciamo noi… : (

Il brano è tratto dal Levitico, testo biblico, e descrive la percezione collettiva di quell’epoca della donna dopo il parto nella fase che denominiamo puerperio, da puerpera, ossia “donna che ha appena partorito”, a sua volta dal latino puer (fanciullo) e pario (partorisco). Ancora oggi, presso varie culture, persistono rituali, proibizioni e imposizioni riferite a questo periodo, che convenzionalmente si colloca nelle sei settimane successive alla nascita di un bimbo, per comprendervi i fenomeni principali che interessano l’organismo materno fino al ritorno (eventuale, non scontato) della mestruazione, che segna la ripresa dell’attività delle ovaie. Una fase molto particolare, dunque, nella vita della donna, connotata da numerosi cambiamenti personali, fisici ed emotivi, ma anche sociali, influenzando le relazioni interpersonali sia per la trasformazione che subisce l’identità femminile che per gli sforzi di adattamento richiesti dalla nuova condizione. E’ evidente però che lo scadere della sesta settimana non significa nulla in termini pratici, nel senso che non interrompe nè modifica la vita della neomadre, e non sempre è un periodo sufficiente per garantirle recupero fisico e/o psichico: se allatta investe energie supplementari, necessita di riposo, non sempre riprende l’attività sessuale e spesso non ha supporto nella gestione delle altre incombenze quotidiane.

In Italia l’assistenza è incentrata quasi essenzialmente su gravidanza e parto, mentre trascura in maniera consistente di occuparsi della madre e del neonato proprio nel momento in cui essi hanno bisogno di riconoscersi, imparare a convivere, instaurare quel legame lento e graduale fondamentale per la salute globale di entrambi. Eppure in questa fase la donna può ancora sperimentare disagi non indifferenti, legati alla presenza di cicatrici vaginali o addominali (in caso di taglio cesareo), riduzione marcata del tono muscolare dell’addome, alterazioni dello svuotamento della vescica o dell’intestino, problemi di allattamento, difficoltà alla ripresa dei rapporti sessuali, alterazioni dell’umore, o semplicemente vivere con estrema fatica la “banale” riorganizzazione dell’esistenza, sua e del neopadre.

La figura professionale più appropriata per fornirle l’aiuto necessario è quella ostetrica, come riconosciuto dalla normativa che ne regola l’attività: un solo incontro post-parto può capovolgere davvero la situazione, apportando sulla donna, sul suo compagno, sul neonato e sull’ambiente di vita tutto il sostegno e i correttivi necessari per proseguire serenamente la meravigliosa avventura esistenziale iniziata molto tempo prima…

(*) nb. anche la mestruazione o qualunque altra perdita di sangue dai genitali la poneva nella medesima condizione di impurità.