Nascita e libertà di scelta tra desideri e norme sociali

Le riflessioni sulla nascita sono giustamente oggetto sempre più frequente di dibattito, scambio di opinioni ma anche di discussioni che rasentano la violenza verbale, specie sui social network, che lasciano briglia sciolta all’espressione di qualunque pensiero, nella consapevolezza di essere (relativamente) protetti dalla mancanza di rapporto diretto, fisico, con gli altri interlocutori. Capita quindi che proprio attraverso questi mezzi comunicativi si diffondano notizie, convinzioni, modi di vedere la realtà attinenti la gravidanza, il parto e le scelte delle donne che lasciano perplessi, o quantomeno suggeriscono un’analisi più profonda dei meccanismi sociali e culturali che ne stanno alla base.

Premessa fondamentale: i processi legati alla nascita sono ancora oggi oggetto troppo spesso di interferenze sanitarie non più accettabili, perchè di dimostrata potenziale nocività oltre che fonte di disagio anche grave per le donne e i neonati, il che impone un processo culturale forte di rinnovamento che affermi il diritto di entrambi a ricevere cure di comprovata efficacia, sulla base di dati scientificamente validati a livello internazionale. In tal senso si muovo da tempo società scientifiche di grande serietà, che percorrono strade di ricerca, comparazione di dati e verifica dei risultati di questa o quella procedura assistenziale, cercando la soluzione che meglio risponda all’esigenza di favorire salute con il minor interventismo sanitario possibile. Al momento, non esistono altre strade sensate per guidare in maniera corretta i comportamenti di chi si dedica a professioni di cura, nella consapevolezza che la stessa ricerca può suggerire nel tempo un cambio di rotta.

E’ quindi non solo necessario, ma obbligatorio predisporre la diffusione di buone pratiche che rispondano al bisogno delle donne di essere rispettate nel loro diritto a ricevere sostegno, informazioni corrette, cure rispettose della loro integrità fisica ed emotiva, e non da ultimo che tengano in conto i diritti e le necessità del nuovo nato.

Una delle posizioni  rilevabili sui social (ma non solo), che genera maggiore perplessità, espressa da alcune donne e anche oggetto di proposte legislative,  riguarda la rivendicazione di compiere scelte in maniera assoluta, senza tenere in alcun conto i criteri di buona pratica assistenziale suggeriti, anche se ciò può significare correre un rischio elevato di produrre danni su di sé e/o sul bambino.

E qui occorre soffermarsi un momento, perché non è così semplice agire in questa direzione, dal momento che intervengono le cosiddette “norme sociali e giuridiche”, cioè quelle indicazioni che un gruppo sociale stabilisce essere basilari per garantire il rispetto dei diritti di ciascuno, anche di chi (come il feto/neonato) non è ancora in grado di decidere per sé. Di che si tratta? Proviamo a sondare…

  • Art. 3 (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia)

Gli Stati, le istituzioni pubbliche e private, i genitori o le persone che ne hanno la responsabilità, in tutte le decisioni che riguardano i bambini devono sempre scegliere quello che è meglio per tutelare il loro benessere.

  • Pronunciamenti del Comitato per i diritti dei bambini (organismo dell’ONU)

51. Gravidanza e parto sono processi naturali, con rischi per la salute noti che sono suscettibili di prevenzione e risposte terapeutiche, se individuati tempestivamente.

  • In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.
  • Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati.

  • Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti in particolare nell’ambito della sicurezza e della salute.

    Sulla base di questi presupposti, ogni Paese elabora leggi a tutela del diritto di ogni persona al rispetto della propria individualità, ma con alcuni limiti a cui non si sottraggono le scelte che riguardano la nascita. Così, la richiesta di una donna che comporti un danno potenziale a sé stessa, a carico del feto in utero o del neonato non è considerata dalla nostra giurisprudenza come sempre accettabile, in virtù del fatto che il personale sanitario ha il dovere di seguire norme di comportamento assistenziale ben precise, volte a raggiungere l’obiettivo di una madre e un neonato il più possibile integri e in buona salute. Si tratta di principi di buon senso, innanzitutto, ma anche deontologici, ovvero legati a doveri e responsabilità del sanitario nei suoi rapporti con le persone assistite. Senza tralasciare la possibilità reale di incorrere in denunce penali e richieste importanti di risarcimento in caso di danno conseguente su madre e/o neonato…

    Per quanto riguarda le ostetriche, ad esempio, in Italia esistono norme del Codice Deontologico, con valore di legge, che implicano una chiara e non equivocabile responsabilità:

    “Nell’esercizio dell’attività professionale l’ostetrica/o si attiene alle conoscenze scientifiche e agisce nel rispetto dei principi fondamentali della qualità dell’assistenza e delle disposizioni normative che regolano le funzioni di sua competenza, al fine di assicurare l’appropriatezza, l’equità e la sicurezza delle cure”

    “L’ostetrica/o nell’agire professionale si impegna ad operare con prudenza, diligenza e perizia al fine di tutelare la salute degli assistiti”

    “L’ostetrica/o si attiva per garantire un’assistenza scientificamente validata ed appropriata ai livelli di necessità”                                                                     Ciascuno deve fare la sua parte, insomma, nella consapevolezza che alla base deve crearsi un rapporto di fiducia tra la donna e il personale di assistenza, che per ovvie ragioni non si trovano sullo stesso piano quanto a conoscenze e competenze, che consenta alla prima di affidarsi serenamente e ricevere il meglio delle cure, ai secondi di esprimere e garantire professionalità attraverso la condivisione di informazioni corrette e una pratica attenta ai bisogni, rispettosa e scientificamente aggiornata.

2 pensieri su “Nascita e libertà di scelta tra desideri e norme sociali

  1. Che cosa si permette di dire? Una gestante sana di mente ha diritto a RIFIUTARE il ricovero e qualsiasi intervento,se lucida e capace anche in staro di necessità…imporre un cesareo coatto per salvare il feto equivale ad imporre con la forza ad un adulto a donare un rene ad un bambino…lei fa terrorismo….riporti i dati…la Convenzione del fanciullo è solo una norma….al massimo possono normare le ostetriche ma io donna, ho il diritto di partorire da sola in cantina e di non essere disturbata anche se a rischio….il feto è soggetto giuridico ha solo diritto a non essere abortito intenzionalmente oltre i termini di legge, non di soverchiare le scelte biologiche della madre….riporti i dati su cui si basa.

    • Ma ci mancherebbe, Irene!! Ciascuno è libero di decidere cosa vuole della propria vita, e di pensarla come crede…nel post io riporto riferimenti giuridici e compio una riflessione generale, anche sulla base di recenti vicende che hanno tristemente coinvolto donne in maniera pesante proprio sul piano legale (rischiano realmente condanne per le scelte compiute), poi si può scientemente dissentire, seppur con toni pacati come vuole la buona educazione… 😉 Buon anno!

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