Allattamento contemporaneo

Se ne parla, se ne scrive, se ne discute anche animatamente, si tengono corsi e si fa formazione sul personale sanitario ma la pratica dell’allattamento materno, nelle società occidentali, fatica, fatica…

Tanti fattori, molti comprensibili in maniera immediata, altri assai meno, di natura sociale e culturale oltre che di organizzazione sanitaria, contribuiscono spesso a rendere difficoltosi l’avvio e il mantenimento di una buona produzione di latte per tempi considerati auspicabili dalla natura, ma anche da studi e ricerche sul tema.

La questione è già stata affrontata in altri post (*), ma questa volta ha attratto la mia attenzione uno scritto particolare, una sorta di riflessione profonda scaturita dalla mente di una donna impegnata da anni nel volontariato come mamma di sostegno, ossia dedita ad aiutare le neomadri ad allattare i loro bambini dopo la dimissione ospedaliera e in altre fasi del loro percorso.

Voglio allargarne la diffusione, perchè certe considerazioni mi trovo anch’io a farle con una certa frequenza, cercando di focalizzare ogni volta cosa può determinare una difficoltà che non conosce soluzioni se non parziali, che richiede discrezione, vicinanza emotiva e attenzione ai “non detti”, alle mezze ammissioni, o a volte semplicemente presa d’atto e rispetto di una disponibilità materna anch’essa parziale, spesso conflittuale e gravata da ansie complesse (un lavoro precario è motivo più che sufficiente, ad esempio…), non sostenuta perciò da una serenità e di conseguenza da una motivazione così forte da fare accettare la fatica che comporta un allattamento esclusivo del proprio bambino. E di non facile soluzione, soprattutto…

Lo voglio fare nella consapevolezza che forse occorre fermarsi un momento, in certe circostanze, per capire cosa abbiamo davanti e quali strumenti dobbiamo mettere in campo per incoraggiare, sostenere, consigliare, ma sempre con la capacità di captare il limite oltre il quale non possiamo, nè dobbiamo avventurarci…

“Ho quarant’anni, sono mamma di due bambini allattati entrambi a lungo, e da anni sono consulente alla pari per l’allattamento materno, formata secondo il protocollo OMS UNICEF. MI trovo spesso a leggere articoli, anche ben scritti, che parlano di allattamento materno in molte forme, ma che secondo il mio sentire veicolano una informazion riduttiva e semplicistica. La mia esperienza pluriennale, né circoscritta né limitata, mi porta a riflettere in particolare su un dettaglio: è certamente vero che “tutte le mamme hanno il latte”, come affermato in svariati contesti, ma sento di dover sostenere, pur se verrà inteso in senso provocatorio, che non tutte le mamme riescono ad averne abbastanza per nutrire a sufficienza il loro bambino.
C’è una enorme ipocrisia tra tutti coloro che ruotano attorno al volontariato finalizzato alla diffusione dell’allattamento, che porta ad una “patologia del volontariato” e che veicola il concetto secondo cui basta voler allattare per poter allattare.
Se vuoi allattare cercherai la consulente che ti aiuterà, se vuoi allattare la notte starai sveglia per nutrire il tuo bambino, se vuoi allattare troverai il modo…. perché ricorda che “tutte le mamme hanno il latte” e perciò se non allatti è perchè non vuoi allattare (e che madre sei se non vuoi allattare?)…
In realtà non è così.
La mia esperienza mi dice che non è affatto vero.
Non è vero che il seno è un organo perfetto più degli altri, non è neanche logicamente sensato immaginare che sia l’unico organo perfetto del nostro corpo che possa funzionare bene e basta.
Ci sono mamme che, pur seguite bene, non riescono a nutrire il loro bambino esclusivamente con il latte materno. Altre che si sono sentite messe sotto la lente di ingrandimento da sanitari in buona fede, ma rigidi e magari subdolamente insinuanti sulla disponibilità reale all’allattamento, o almeno questa è stata la loro percezione.
Spesso hanno avuto un percorso particolare in gravidanza (non amo dire patologico, ma il senso è quello): diabete, gestosi, colestasi. Altre volte sono reduci da un parto faticoso, difficoltoso, che ritarda la ripresa fisica e psicologica. In altre situazioni i motivi sono assai più sfumati, poco decifrabili.
E’ un fenomeno non statisticamente irrilevante; donne in questa condizione me ne sono capitate spesso, e io le ho aiutate a vivere bene quello che ovviamente viene visto come un fallimento.
Se pensate che questa mia esperienza dipenda da incapacità come consulente, vi assicuro che ho l’abitudine di seguire i casi particolari riflettendo, ponendomi domande e sempre sotto la supervisione di altro personale sanitario, in particolare ostetriche.
Perchè ho scritto questa puntualizzazione?
Perchè certi articoli , specie quando condivisi nei gruppi facebook, danno vita alla peggiore forma di gara a “mamma dell’anno”, dove la fazione delle “brave mamme” (quelle che hanno allattato a lungo, senza difficoltà, che sanno citare a memoria le parole di Carlos Gonzales, un uomo…) dà addosso alle altre, magari ripetendo come un mantra il titoletto dell’articolo di turno che propugna certezze.
“Cara collega mamma, se non hai allattato è colpa tua… tutte le mamme hanno il latte.
E’ colpa tua che ti fai fregare dalla Nestlè, dal pediatra vaccinista, dalla farmacista furbona.
E’ colpa tua anche se hai pianto, se ti sei sentita inadeguata, se volevi dormire perchè il travaglio è stato lungo e doloroso e se non riesci a rinunciare a tutto ciò che facevi prima e ora ti è precluso, se volevi un abbraccio, anche virtuale, da un’altra mamma o da qualcuno che ti capisse senza giudicarti, e hai trovato solo maestre dalla penna rossa.
E’ colpa tua… in fondo hai deciso di diventare mamma… cosa ti aspettavi?”…

Esplicito o larvato, il messaggio questo è.

E invece no.
Allattare è difficile per alcune.
Non tutte riescono.
Non è vero che in passato allattavano tutte.
Esistevano le balie, e i neonati morivano a volte anche perchè l’allattamento materno era insufficiente.
E’ vero, potrebbero allattare molte più mamme di quante non allattano oggi, se le informazioni corrette circolassero di più e meglio, se la demedicalizzazione della nascita diventasse patrimonio condiviso tra i sanitari, se il sostegno alle neomadri non fosse una chimera, se, se e se…
Ma è vero anche che se invece che ripetere soltanto “tutte le mamme hanno il latte” provassimo semplicemente ad abbracciare la neomamma in difficoltà e le dicessimo “tesoro lo so che sei stanca, ma se lo vuoi io ti aiuto ad allattare il tuo bimbo almeno un pò (non per forza in modo esclusivo)” non solo le mamme che allattano aumenterebbero, ma aumenterebbero anche quelle con l’autostima conservata o recuperata.
Perchè siamo seri: quello che fa felice un bambino non è solo la tetta, ma una relazione d’amore.
E ogni volta che facciamo sentire non brava una mamma che non riesce ad allattare, roviniamo quella relazione d’amore.
Cordialmente.
Luisa

(*) –     https://intornoallanascita.com/2013/01/12/loccidente-e-il-miraggio-dellallattamento-materno/

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