Ecografia e ultrasuoni

L’ecografia, procedura che ha acquistato fama mondiale per le sue indubbie capacità diagnostiche, anche molto raffinate, in tutti gli ambiti medici, caratterizza ormai le procedure assistenziali delle donne in gravidanza (*), offerta in forma routinaria secondo specifiche linee-guida ma effettuata spessissimo in eccesso dai ginecologi o richiesta dalle donne stesse, con una disinvoltura pari alla disinformazione sui suoi possibili effetti.

Di cosa si tratta, dunque? Di una tecnica che sfutta l’azione degli ultrasuoni, onde sonore a frequenza elevata, al punto da non essere udibili dall’orecchio umano, e la loro proprietà di essere riflessi da un mezzo fisico, in questo caso i tessuti del corpo umano.   L’ ecografo, apparecchio che ne permette l’uso, è composto da una sonda che trasmette gli ultrasuoni e riceve l’eco di ritorno (come se l’onda “rimbalzasse”), e da un sistema che elabora il segnale ricevuto e lo trasforma in immagine visibile su uno schermo simile a quello di un computer. L’uso di un apposito gel permette di eliminare l’aria tra sonda e superficie d’appoggio e agli ultrasuoni di penetrare meglio. Attualmente sono diventati uno degli strumenti diagnostici più ampiamente usati nella pratica medica. Come normalmente applicata, l’ecografia eseguita correttamente non sembra comportare rischi particolari per la persona.

Gli effetti biologici delle vibrazioni prodotte dagli ultrasuoni possono essere diversi: meccanici (accelerazione dell’attività della cellula, fino alla rottura della membrana), termici (aumento della temperatura dei tessuti), chimici (modificazioni indotte dai primi due effetti). Vi sono inoltre vari tipi di tecniche ultrasoniche applicabili, con caratteristiche e potenziali effetti negativi differenti: un bravo operatore sa quali utilizzare, quando e per quanto tempo, per evitare che producano danni immediati e futuri, specie in gravidanza.

Durante la gestazione, il suo utilizzo risulta utile in numerose occasioni, potendo rilevare l’immagine dell’embrione, poi del feto e dei vari annessi (placenta, cordone ombelicale, liquido amniotico), oltre a un certo numero di anomalie. Applicazioni relativamente recenti dell’ecografia in gravidanza sono quelle che permettono di misurare lo spessore della parte di parete uterina che ha subito l’incisione chirurgica nelle donne con pregresso taglio cesareo che desiderano provare a partorire spontaneamente, o lo spessore del collo uterino in caso di minaccia di parto prematuro.

Se per le gravidanze a rischio il suo utilizzo ripetuto può risultare giustificato, per quelle classificate a basso rischio (la maggioranza) no. Ma perchè l’interpretazione dell’immagine sia corretta occorre che l’operatore sia formato appositamente, secondo linee-guida ben codificate, e faccia uso molto frequente della tecnica.

In ogni caso, allo stato attuale delle conoscenze, vale il principio di precauzione: in gravidanza solo le ecografie di riconosciuta utilità, eseguite da personale medico esperto. Registrazioni eterne di immagini su dvd, benchè spesso ritenute appaganti dalla donna e dalla sua cerchia familiare, e uso indiscriminato delle tecniche ecografiche a qualunque epoca non è ancora detto che siano privi di rischi presenti e, soprattutto, futuri per il nuovo essere che si sta formando nel ventre materno. Alcuni studi condotti sui topi paiono mostrare una stretta relazione tra uso prolungato in gravidanza, precoce e ripetuto per tutta la sua durata, di certi tipi di ultrasuoni e potenziale sviluppo anomalo del cervello. I topi non sono umani, peeerò…

Per approfondire:

(*) – https://intornoallanascita.com/2012/05/14/ecografia-in-gravidanza-vedo-non-vedo-stravedo/

http://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/33

 

 

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