Donne migranti

Basta alzare lo sguardo, ruotare la testa, allungare la vista per vedere che intorno a noi molto sta cambiando. Gente che va e viene, piena di speranze e spesso con una voglia dirompente di arrivare da qualche parte, uomini e donne che portano sulle spalle un carico di miseria e mancanza di prospettive che sconcerta, eppure dà forza alla loro spinta verso una vita diversa. Le donne pagano con frequenza un prezzo salato in questo percorso, per tanti motivi, sperimentando l’isolamento culturale e sociale e la difficoltà di misurarsi con un contesto drammaticamente diverso da quello di origine. Eppure continuano a diventare madri, mostrandoci modi diversi di percepire il corpo, la gravidanza, il parto, ad accudire i piccoli con un’attenzione che non sempre “noi” occidentali riserviamo ai nostri, e guardano al futuro cercando di immaginarlo migliore per loro. Così, piano piano e silenziosamente intuiscono che fare meno figli significa poter destinare più risorse a ciascuno di loro, e crescendo questi bambini mostrano spesso di avere marce supplementari: imparano più lingue, apprendono che attraverso lo studio il riscatto sociale può essere meno inarrivabile (le statistiche ci dicono che a scuola rendono mediamente più dei coetanei italiani), non temono le difficoltà e affrontano l’impegno con serietà e determinazione. Il futuro gli appartiene, almeno in parte, e questo è storia umana, niente altro…Le donne immigrate invece rimangono nelle retrovie, e si imbattono nella depressione con frequenza crescente: la famiglia di origine è lontana, la terra di origine è lontana, la lingua madre è lontana e quella nuova altrettanto distante. Difficile attrezzarsi per contenere il disagio, però non mancano sforzi, iniziative, progetti di analisi, studio e sostegno, anche se frammentati e non omogenei sul territorio nazionale.

A Torino, ad esempio, è nato il Laboratorio dei Diritti Fondamentali (LDF),all’interno del quale opera anche Irene Biglino, giovane e brava ricercatrice  che ho avuto il piacere di veder nascere (quanto tempo fa!!). Si tratta di un “organismo di ricerca nel campo dei diritti fondamentali, che si propone di esaminare i problemi presenti nella realtà italiana alla luce dell’elaborazione europea ed internazionale nell’ambito dei diritti umani. LDF non analizza, dal punto di vista teorico, il contenuto dei diritti, ma mira – attraverso la ricerca sul campo – ad identificare problemi concreti che influiscono negativamente sulla realizzazione degli stessi, al fine di individuare buone pratiche e suggerire soluzioni mirate”. (tratto dal sito)

Una grossa fetta del lavoro di analisi e ricerca si è concentrata finora sulle problematiche connesse con la condizione di immigrata/o, soprattutto in merito all’utilizzo dei servizi sanitari: il primo, importante passo verso una politica di accoglienza e integrazione garante dei diritti nel rispetto dei doveri, capace di investire sul presente e sul futuro dei migranti, che non possiamo non considerare una risorsa per questo Paese.

Il 21 settembre 2012 si terrà il primo convegno organizzato dal LDF, in occasione del quale verrà presentato il rapporto conclusivo della ricerca “L’accesso e la fruizione dei servizi sanitari, ospedalieri e non, da parte dei migranti nella città di Torino”. Una buona occasione per gettare lo sguardo sulla realtà in mutamento, per chiunque ma soprattutto per operatori sanitari, giuristi e amministratori della cosa pubblica.

Ogni passo verso la comprensione del mondo che cambia arricchisce tutti, e prepara un futuro migliore per le nuove generazioni.

Buon lavoro al LDF!! : )

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