Partorire dopo un cesareo

“Il cesareo è un intervento formidabile per far nascere alcuni bambini con problemi, ma è una tragedia che diventi un modo abituale di nascere”

Michel Odent

Un taglio cesareo rappresenta sempre interruzione: delle aspettative riguardo ad un parto spontaneo, dell’esperienza di una nascita portata a termine naturalmente, dell’integrità dell’addome materno, dell’idea di “far nascere” che nella mente aveva preso corpo pian pianino…La bella riflessione è che la chirurgia ha consentito di salvare molte madri e molti bambini, ma ora occorre soffermarsi senza dubbio sui risvolti aberranti di tale pratica, spinta alla moltiplicazione superficiale, spacciata per “il modo migliore di far nascere un essere umano”, usata a scopo di maggior lucro e in una miriade di situazioni in cui risulta arduo dimostrare che fosse necessaria.

Per avere un’idea della situazione italiana, si può consultare il post a tema: https://intornoallanascita.com/2011/12/29/il-taglio-cesareo-se-e-quando-serve/

Proviamo invece a spostare l’attenzione sulla possibilità che, a seguito di taglio cesareo, si possa partorire per le vie naturali (parto vaginale dopo cesareo, per il quale si utilizza la sigla VBAC: Vaginal Birth After Caesarean): fino ad ora, almeno in Italia, la tendenza generale è stata quella di ripercorrere la via chirurgica, quasi si trattasse di una maledizione biblica (un cesareo, tutti cesarei…). In realtà tutti gli studi finora condotti suggeriscono che la strada migliore da percorrere, in termini di salute materna e neonatale, sia quella di informare correttamente le donne per consentirgli di provare un parto vaginale, valutando attentamente il progredire del travaglio. In particolare, si è osservata  una riduzione della mortalità materna associata al parto naturale rispetto al taglio cesareo ripetuto.

Le donne con pregresso taglio cesareo presentano un maggior rischio di posizionamento  anomalo della placenta nel corso di una gravidanza successiva, rispetto alle donne non sottoposte a cesareo; tale rischio tende a crescere con il numero di precedenti tagli cesarei e si associa ad incremento di altri esiti negativi per la salute della donna, quali
emorragia, necessità di asportare l’utero, infezioni e anomalie di varia natura, senza contare i riflessi sul neonato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle sue le raccomandazioni per la nascita, al punto 7 dichiara:
“Non c’è nessuna prova che dopo un precedente taglio cesareo trasversale basso sia richiesto un ulteriore taglio cesareo per la gravidanza successiva. Parti vaginali, dopo un cesareo, dovrebbero essere di norma incoraggiati dove è possibile disporre di un servizio di emergenza per eventuale intervento chirurgico”.

In Italia, nel 2012 sono state approvate dall’Istituto Superiore di Sanità le Linee guida per il Taglio Cesareo, che riportano alcune considerazioni fondamentali:

 * Sulla base delle prove scientifiche disponibili, sottoporre la donna a tagli cesarei ripetuti aumenta la morbosità e la mortalità materne e perinatali.

 * L’ammissione al travaglio, in assenza di controindicazioni specifiche e in presenza di un’organizzazione assistenziale adeguata, deve essere offerta a tutte le donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo.

 * Alle donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo devono essere garantiti un’adeguata sorveglianza clinica e un monitoraggio elettronico fetale continuo nella fase attiva del travaglio. La struttura sanitaria deve assicurare tutti gli interventi necessari nell’eventualità di un taglio cesareo d’urgenza.

Tutte queste condizioni sono facilmente realizzabili in qualunque reparto di Ostetricia ben organizzato e attrezzato: e allora perchè nella quotidianità si continuano a particare cesarei su cesarei, senza valide ragioni? La motivazione principale che viene chiamata in causa riguarda la possibile evenienza di una cosiddetta “rottura d’utero”, ossia il cedimento della cicatrice uterina durante il travaglio, di fatto rara e gestibile con rapidità in ambiente idoneo e monitorando strettamente le condizioni di mamma e feto.

E’ ovvio che stiamo parlando di una condizione che richiede sorveglianza intensiva, come specificato nelle linee-guida. Altrettando ovvio che questo evento non possa avvenire tra le mura domestiche.

Per le donne è davvero importante cercare e ricevere informazioni complete e corrette, libere da terrorismi superflui, che consentano di sentirsi coinvolte nelle decisioni sulla gravidanza e sul parto: per loro significa non soltanto avere il diritto di conoscere l’alternativa ad un altro cesareo, ma avere l’opportunità di vivere un’esperienza “senza interruzioni”, libera dalla sensazione di aver affrontato un ulteriore taglio sulla pancia privo di motivazioni reali…

Il taglio cesareo, se e quando serve

 


Il ricorso al taglio cesareo ha raggiunto in Occidente proporzioni esagerate e allarmanti, distanziandosi in maniera abnorme dal 15% raccomandato dall’OMS.  L’Italia è il paese del Nord del mondo in cui vi si ricorre più frequentemente. I numeri parlano da soli: in media, il 37,8% dei parti avviene per via chirurgica, contro una media nell’Unione Europea del 23,7% e un tasso suggerito dal Ministero della Salute di circa il 20%. Notevoli e ingiustificabili le differenze regionali: la Campania detiene il primato con oltre il 60%, seguita da Sicilia, Puglia, Basilicata…Le regioni più “virtuose” si collocano al centro-nord, dove la percentuale oscilla tra il 24 e il 28%. Si rileva una più alta incidenza nelle case di cura accreditate (con il 60,5% di cesarei) ed è più frequente nelle donne di cittadinanza italiana (39,8%) rispetto a quelle straniere (28,4%). Sulla base delle informazioni derivate dalla ricerca e di cui attualmente disponiamo, solo motivazioni non mediche – che non incidono quindi sulla salute delle donne e dei loro bambini – possono spiegare i motivi per cui l’Italia sia il paese con il più alto tasso di tagli cesarei del mondo industrializzato. Un’indagine condotta nel Regno Unito ha dimostrato che un parto cesareo effettuato senza indicazione clinica o motivato dall’urgenza comporta un rischio di morte materna quasi triplicato rispetto ad un parto vaginale, senza contare i benefici che il neonato riceve a seguito di un travaglio-parto naturale ben monitorato e assistito, ad esempio il miglior adattamento cardiorespiratorio postnatale.

Per aiutare le donne ad orientarsi verso scelte consapevoli e favorire il loro bisogno di confronto e comunicazione con il personale di assistenza, nel 2010 l’Istituto Superiore di Sanità ha prodotto il seguente documento, che dovrebbe essere distribuito in tutti i luoghi deputati all’assistenza al percorso-nascita (consultori, ambulatori ospedalieri, studi privati):

opuscolo_cesareo

(cliccare sul link per scaricarlo in formato pdf)