L’assistenza in gravidanza e durante il parto: chi e come?

Volendo, una donna potrebbe anche partorire da sola: in giro per il mondo moltissime lo fanno per mancanza di alternative, altre per scelta, convinte di garantire il meglio a sè stesse e al neonato, senza interferenze esterne. Ma se la sopravvivenza e le condizioni di salute di entrambi sono migliorate sensibilmente nel tempo, nei paesi più avanzati, lo si deve alle mutate condizioni sociali, sanitarie, e anche alla comparsa sulla scena di persone competenti, in grado di rilevare elementi di deviazione dalla norma o di rischio per mamma e bambino durante la gravidanza o al momento del parto, capaci inoltre di supportare il ruolo genitoriale nella delicata fase post parto.

Tralasciamo il dettaglio (non trascurabile!) che questi eventi hanno subito anche una medicalizzazione esasperata, attualmente messa molto in discussione non soltanto da movimenti crescenti di donne stufe di subire interventi non necessari e spesso almeno fastidiosi, ma anche da serissimi studi scientifici volti a mettere a fuoco cosa davvero serve fare in ambito assistenziale per garantire buoni esiti e cosa no.

Occorre distinguere innanzi tutto tra una condizione di normalità, di cosiddetta fisiologia, e una che invece necessita di una più accurata presa in carico, e di correttivi che richiedono una  diversa competenza: le due figure sanitarie cardine dell’assistenza, ciascuna dotata di propria autonomia e con spazi di responsabilità ben delineati, sono quelle dell’ostetrica e del medico specialista (ginecologo/ostetrico).

Il ginecologo interviene in tutte le situazioni in cui si profila un rischio, anche potenziale, mentre l’ostetrica ha la possibilità di gestire interamente da sola tutte le fasi della gestazione, del parto e del puerperio che si mantengono in ambito fisiologico, intrattenendo con la donna un rapporto abitualmente molto più improntato alla vicinanza emotiva di quanto lo sia quello con il medico. La relazione richiede tempo, e il fattore tempo diventa spesso determinante anche sulla qualità dell’intervento “tecnico”.

La formazione dell’ostetrica avviene attraverso un corso di laurea triennale, durante il quale lo studio teorico si integra con la pratica ospedaliera e ambulatoriale. Le sue competenze sono davvero tante e molto legate alle varie fasi della vita femminile (dalla nascita alla vecchiaia), ma estese alla coppia, al neonato, al bambino e all’adolescente. L’ostetrica può trovare spazi d’intervento sul piano dell’informazione, dell’educazione sanitaria, dell’intervento diretto in sala parto, sala operatoria, reparto ostetrico/ginecologico e neonatologico, consultorio territoriale e in molte altre situazioni correlate con l’esigenza di promozione della salute, intesa in senso lato, in veste di dipendente o in regime di libera attività.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da tempo riconosciuto il ruolo fondamentale ed insostituibile di questa professionista, che attraverso adeguata formazione e acquisizione di esperienza pratica può realmente operare a 360 gradi, con strumenti relativamente semplici, modificando le condizioni sanitarie della popolazione fin dalla nascita, specialmente quando l’assistenza è fornita in maniera continuativa dalla medesima persona e in sinergia con le altre figure.

Peccato che in Italia sia così poco valorizzata dalle istituzioni e scarsamente conosciuta dalle donne, prime beneficiarie delle sue variegate competenze…

Per approfondire:

http://www.fnco.it/codice-deontologico.htm

L’occidente e il miraggio dell’allattamento materno

Merita diffusione immediata questa analisi dei risultati di anni di formazione sul personale addetto all’assistenza materno-neonatale, costata energie, tempo, denaro e tuttora in corso, che sottolinea ancora una volta (caso mai ce ne fosse bisogno) quanto l’ignoranza della fisiologia, l’eccesso di interventismo e la mancanza di rispetto della naturalità nel percorso nascita possano compromettere in maniera determinante un progetto naturale di salute fondamentale per le generazioni presenti e future…
I lavori scientifici condotti sull’importanza dell’allattamento al seno sono innumerevoli, e tutti concudono che sì, è proprio la cosa giusta per i cuccioli umani, e migliora la prognosi dei prematuri, e riduce la possibilità di contrarre malattie, e potenzia le difese immunitarie, e previene questa e quella complicanza, e…
Ma quanti studi serviranno ancora per convincere della bontà di ciò che la natura ha predisposto le società “avanzate”, quelle che hanno perso il contatto con la normalità dei fenomeni connessi con la vita stessa, a partire dal suo inizio?… : (
Allattamento al seno: prevalenze, durata e fattori associati in due indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (2008-09, 2010-11)*

Laura Lauria, Angela Spinelli, Anna Lamberti, Marta Buoncristiano, Mauro Bucciarelli, Silvia Andreozzi e Michele Grandolfo – Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Introduzione

E’ ormai una certezza consolidata sulla base di prove scientifiche che l’allattamento al seno, esclusivo fino a 6 mesi e prolungato anche oltre i due anni se la mamma e il bambino lo desiderano, produca migliori esiti di salute per entrambi (1). Perché questo obiettivo sia raggiunto è necessario che i servizi sociosanitari operino in modo da promuovere e sostenere le competenze della mamma e del bambino. Nell’ambito del percorso nascita molte sono le circostanze e le azioni che possono favorire od ostacolare l’avvio corretto e il proseguimento dell’allattamento al seno. Ripetute indagini condotte negli ultimi 20 anni mostrano che il 95% delle donne desidera allattare al seno (2-4).

Ciò nonostante, è improbabile che si possano ottenere risultati ed esiti significativi nella promozione dell’allattamento materno se nel percorso nascita si opera con gli eccessi di medicalizzazione presenti in Italia. Questi, oltre a rappresentare indebiti eccessi di spesa e peggiori esiti di salute, hanno l’effetto di indurre nella donna senso di incompetenza a condurre la gravidanza, a travagliare e a partorire e, di conseguenza, a gestire il puerperio con la capacità autonoma di controllo sul proprio stato di salute, come invece raccomanda la Carta di Ottawa (5). Nello specifico, viene ostacolato l’avvio corretto dell’allattamento al seno, prognostico del suo proseguimento nel tempo. Pertanto, la percentuale di mamme allattanti al seno in modo esclusivo alla dimissione, a tre e sei mesi, oltre alla percentuale di allattanti comunque al seno a un anno di vita, rappresentano indicatori di esito validi non solo per lo specifico ma anche più in generale per indicare la qualità dell’insieme dei servizi sociosanitari: bassi valori rappresentano disempowerment e bassa qualità. In generale, la centralità strategica del percorso nascita risiede nella possibilità di sviluppare con il più alto rendimento attività di promozione della salute, non solo perché si ha a che fare nella maggioranza dei casi con fenomeni fisiologici, ma soprattutto perché si ha in assoluto la maggiore disponibilità a riconsiderare il proprio modo di vivere, per assicurarsi il migliore successo dell’impresa che si è deciso di vivere. Le donne smettono di fumare, si interrogano sull’alimentazione e la migliorano, giusto per fare degli esempi. Per inciso va detto che le nostre ricerche indicano che l’allattamento al seno è un potente fattore protettivo dalla ripresa del fumo: più prolungato è l’allattamento, più lungo il periodo di astensione, maggiore la probabilità di smettere definitivamente di fumare (6). La persistenza dell’allattamento al seno rappresenta un’espressione di capacità autonoma di controllo sulla salute, pertanto se l’insieme dei servizi sociosanitari contribuisce a favorire o inibire l’espressione di tale competenza, la qualità degli indicatori sull’allattamento rappresenta il livello di qualità di tutto il percorso nascita e, vista la sua centralità strategica, il livello di qualità dei servizi sanitari e, di conseguenza, della civiltà di un Paese.

Le più recenti politiche nazionali, rappresentate dal Piano di Prevenzione approvato dalla Conferenza Stato Regioni, finalizzato alla promozione e al miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo (7) e dal programma Guadagnare Salute (8), identificano la promozione dell’allattamento al seno come azione strategica di sanità pubblica, coerentemente con quanto stabilito nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) (9), nel cui contesto sono state condotte le indagini qui riportate.

L’obiettivo di questo studio è quello di descrivere le prevalenze di allattamento al seno fino a un anno dal parto e l’associazione con la partecipazione a corsi di accompagnamento alla nascita in gravidanza e a gruppi di sostegno all’allattamento in puerperio, che rappresentano importanti specificità di un percorso assistenziale operante nell’ottica dell’attivazione di processi di empowerment, secondo i principi del POMI.

Metodi

Nell’ambito del progetto “Il percorso nascita: valutazione e promozione della qualità di modelli operativi” , cui hanno volontariamente aderito 25 ASL, con una popolazione target di circa 50.000 donne (corrispondenti al numero di nuovi nati ogni anno), è stata condotta nel 2008-09 un’indagine campionaria di popolazione su partorienti intervistate subito dopo il parto e a 3, 6 e 12 mesi dal parto. L’indagine è stata ripetuta con le stesse modalità a un anno di distanza e contestualmente, in ciascuna ASL e con il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è stata avviata un’attività di formazione del personale e di promozione della qualità del modello assistenziale attraverso interventi di tipo organizzativo, comunicativo e informativo, improntati su modalità di offerta attiva e relativi all’assistenza durante la gravidanza e il puerperio. In particolare, sono stati organizzati presso l’ISS corsi di formazione per il personale delle ASL, partecipanti al progetto, coinvolto nell’organizzazione e nella conduzione dei corsi di accompagnamento alla nascita. A ciascuna ASL è stato raccomandato di reclutare tutte le donne residenti nel proprio territorio che partorivano in un periodo di tempo sufficiente per ottenere almeno 120 parti. Le donne sono state intervistate da personale precedentemente addestrato con l’ausilio di un questionario. (…)

Risultati

Sono state reclutate 6.942 partorienti, di cui 3.531 nella prima indagine e 3.411 nella seconda, con un tasso di rispondenza del 95%. Questo è stato dell’85%, 82% e 78%, rispettivamente a 3, 6 e 12 mesi. Tra la prima e la seconda indagine risultano migliorati gli indicatori assistenziali in gravidanza (partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita dal 35,3% al 39,7%, p = 0,007) e nel puerperio (partecipazione a gruppi di sostegno dall’11,2% al 12,9%, p = 0,455, a incontri di auto aiuto tra mamme dal 16,4% al 18,4%, p = 0,118 e offerta di visita domiciliare dal 59,5% al 73,8%, p = 0,035), mentre sono rimasti stabili gli indicatori ospedalieri favorenti l’allattamento al seno: rooming-in (56%), attacco al seno entro 2 ore dal parto (57%), contatto pelle-pelle (69%). Risulta invece in diminuzione la pratica, altamente ostativa il proseguimento dell’allattamento al seno, della consegna di una prescrizione per il latte formulato, anche nel caso di mamma allattante al seno in modo esclusivo o predominante alla dimissione, dal 10,1% al 6,9%, p = 0,104.

Le prevalenze (percentuali pesate complessivamente sulle due rilevazioni) di allattamento esclusivo al seno, 60,8% al parto, 49,3% a 3 mesi e 6,5% a 6 mesi, sono decisamente basse rispetto a quanto raccomandato (Figura). A 6 mesi e a 12 mesi di follow up risulta particolarmente elevata la prevalenza di donne che non ha mai allattato o non allatta più al seno, 43,3% e 67,5%.

In gravidanza la partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita è fattore associato a più alte prevalenze di allattamento al seno: esclusivo subito dopo il parto 64,3% vs 57,1% OR = 1,35 (IC 95%: 0,99-1,85); esclusivo a 3 mesi 55,5% vs 42,2% OR 1,36 (IC 95%: 1,21-1,53); comunque al seno a 12 mesi 36,5% vs 26,7% OR = 1,42 (IC 95%: 1,18-1,72).

Tendenzialmente, l’effetto della partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita risulta più evidente a distanza che non alla dimissione, quando cioè i fattori che caratterizzano il centro nascita sono dominanti e quasi mai sotto il diretto controllo della donna.

Altri fattori, quali l’avvio corretto dell’allattamento, fondamentale per l’affermarsi del senso di competenza della mamma e, soprattutto del bambino, il contatto pelle-pelle, l’attacco al seno entro le 2 ore, il parto vaginale senza anestesia (*), l’osservazione della poppata in aggiunta al counselling, il rooming-in di 24 ore, si confermano, rispetto a quanto indicato nella letteratura scientifica, essere tutti fattori associati a più alte prevalenze di allattamento al seno alla nascita e a distanza.

Durante il puerperio la partecipazione a gruppi di sostegno è associata a più alte prevalenze di allattamento al seno: esclusivo a 3 mesi 55,5% vs 47,2% OR = 1,58 (IC 95%: 1,06-2,34); allattamento al seno a 12 mesi 41,7% vs 31,1% OR = 1,40 (IC 95%: 1,02-1,92).

Dall’osservazione delle differenze tra le due indagini nelle modalità di allattamento, si rileva una tendenza al miglioramento; in particolare aumenta leggermente l’allattamento esclusivo al seno subito dopo il parto e a 3 mesi e l’allattamento comunque al seno a 6 e a 12 mesi (p = 0,009) (Tabella).

L’analisi condotta sulle donne che hanno dichiarato, all’intervista dei 12 mesi, di aver allattato per un periodo in modo esclusivo al seno, 1.961 e 1.708 rispettivamente nella prima e nella seconda indagine, ha rilevato come la durata dell’allattamento sia aumentata nella seconda indagine grazie soprattutto alla diminuzione delle donne che hanno interrotto l’allattamento esclusivo entro il primo mese dal parto, dal 24,9% al 17,1%. (…)

Discussione e conclusioni

I principali aspetti emersi dallo studio sono sintetizzabili nei seguenti punti:

  • sono ancora basse le prevalenze di allattamento al seno secondo le modalità e i tempi raccomandati. Si registra una tendenza ad anticipare lo svezzamento;
  • i corsi di accompagnamento alla nascita in gravidanza e i gruppi di sostegno in puerperio, fattori che tendono a far emergere le competenze delle donne, così come le pratiche ospedaliere già riconosciute favorenti l’allattamento al seno, si confermano essere fattori positivamente associati con l’allattamento al seno;
  • tra la prima e la seconda indagine si è rilevato un miglioramento sia negli indicatori assistenziali in gravidanza e nel puerperio che negli indicatori relativi l’allattamento al seno, ma non negli indicatori ospedalieri.

I limiti di questo studio riguardano la non standardizzazione di tutte le attività implementate dal momento che ciascuna ASL partecipante al progetto ha agito secondo le proprie possibilità e sensibilità e con una tempistica che non ha sempre rispettato la temporalità tra implementazione delle attività ed esecuzione della seconda indagine. Le attività implementate hanno riguardato soprattutto la formazione del personale e l’organizzazione dei servizi, in particolare quelli consultoriali, in un’ottica di offerta “attiva” e di empowerment. Nonostante i limiti segnalati che rendono difficile una piena valutazione dell’efficacia degli interventi, i risultati di questo studio confermano come puntare sul miglioramento delle competenze delle donne sia una strategia vincente.

Ringraziamenti

Si ringrazia il Gruppo di lavoro sul Percorso Nascita.

Riferimenti bibliografici

1. World Health Organization. Evidence for the ten steps to successful breastfeeding. Geneva: WHO, Division of Child Health and Development; 1998. (WHO/CHD/98.9).

2. Lauria L, Andreozzi S (Ed.). Percorso nascita e immigrazione in Italia: le indagini del 2009. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2011. (Rapporti ISTISAN 11/12).

3. Grandolfo M, Donati S, Giusti A. Indagine conoscitiva sul percorso nascita, 2002. Aspetti metodologici e risultati nazionali (www.epicentro.iss.it/problemi/…).

4. Donati S, Spinelli A, Grandolfo ME, et al. L’assistenza in gravidanza, al parto e durante il puerperio in Italia. Ann Ist Super Sanità 1999;35(2):289-96.

5. The ottawa Charter for Health Promotion. International Conference on Health Promotion, 17-21 November 1986. Ottawa, Ontario (Canada).

6. Lauria L, Lamberti A, Grandolfo M. Smoking behaviour before, during, and after pregnancy: the effect of breastfeeding. ScientificWorld Journal 2012;2012:154910.

7. Italia. Accordo, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane sul documento concernente “linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. (Rep. Atti n. 137/ CU) (11A00319). Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 13, 18 gennaio 2011.

8. Italia. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 4 maggio 2007. Guadagnare salute. Rendere facili le scelte salutari. Gazzetta Ufficiale n. 117, 22 maggio 2007.

9. Ministero della Sanità. Decreto ministeriale del 24 aprile 2000. Progetto Obiettivo Materno Infantile. Gazzetta Ufficiale n. 131 Suppl. Ord. n. 89, 7 giugno 2000.

(*) La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute nell’ambito del Programma “Il percorso nascita: promozione e valutazione della qualità di modelli operativi” (Capitolo 4393/2006-CCM)

Ultimo aggiornamento mercoledi 9 gennaio 2013
(*) Una precisazione su questo punto: studi in corso stanno cercando conferme o smentite all’ipotesi che l’analgesia durante il parto riduca la capacità di suzione del neonato.