Nelle società industrializzate, potrebbe sembrare che nella relazione tra donna e ostetrica entrino solamente aspetti tecnici, relazionali ed eventualmente economici se quest’ultima è una libera professionista, invece non meno carichi di significato sono gli elementi giuridici, che nel nostro Paese risultano essere piuttosto complessi. Innanzi tutto, le norme che regolamentano l’esercizio della professione ostetrica stabiliscono gli ambiti di competenza in maniera chiara, con limiti invalicabili oltre i quali interviene il medico. Nel caso della gravidanza e del parto, ad esempio, l’ostetrica può agire nel cerchio della perfetta fisiologia, obbligata a far ricorso al consulto medico anche soltanto per situazioni ambigue, non ben definite, potenzialmente bisognose di correttivi anche se questi si dimostrano poi superflui e tutto rientra nella norma (dunque, torna nelle mani dell’ostetrica!). Pertanto sono fondamentali il dialogo e l’integrazione tra le due professionalità per garantire i migliori esiti di salute per mamma e neonato.
Altro aspetto cardine del rapporto tra donna e ostetrica è quello del consenso alle cure (*), che va considerato con attenzione particolare, senza mai dimenticare che la professionista è tenuta ad analizzare con grande riguardo richieste e desideri della persona, ma secondo obblighi ben precisi riguardo al modo con cui fronteggiarli, sempre scientificamente provato, aderente alle linee-guida riconosciute e mai superficiale: l’obiettivo deve essere solo quello di offrire esperienza competente e sicurezza massima con il minimo di intervento sanitario di provata efficacia, salvaguardando l’esigenza di rispetto delle esigenze individuali. Non tutto quanto la donna richiede può ricevere consenso e appoggio incondizionato da parte dell’ostetrica, come di qualunque altro sanitario, perchè l’operatore stesso ha la necessità di muoversi in contesti di tutela anche della propria persona: agire al di fuori delle indicazioni legislative può comportare conseguenze pesanti per entrambi i soggetti del percorso assistenziale, con esiti di salute compromessa o peggio per la donna (e/o il neonato), e risvolti penali per la professionista (rinvio a giudizio o richieste di risarcimento anche milionarie).
In ultimo, la parte economica: ogni prestazione ostetrica fornita da libera professionista ha un costo che va definito chiaramente in via preventiva, secondo un tariffario che preveda costi equi e rispondenti alla delicatezza e alla complessità della prestazione stessa, in base a una precisa norma del Codice Civile.
Naturalmente nulla vieta alla donna di consultare più professioniste, per saggiare tutti gli elementi sopra esposti attraverso un sereno confronto, preparandosi uno schema di domande e richieste, senza tralasciare informazioni precise circa il costo dell’assistenza di cui necessita, ma scegliendo poi in base all’impressione di professionalità, serietà ed empatia ricavata durante il colloquio, che non necessariamente deve avere un prezzo esorbitante… ; )
Per approfondire:
(*) – https://intornoallanascita.com/2012/10/15/il-consenso-informato-e-le-cure/