Dopo il cesareo, voglio partorire

Si parla sempre più spesso di VBAC (acronimo inglese per intendere il parto vaginale dopo taglio cesareo), e molte informazioni in proposito si possono leggere sul post dedicato (*), ma cosa meglio delle parole di una donna che ha seguito il percorso per giungere a vivere l’esperienza reale di far nascere il suo bambino con un parto spontaneo, a seguito di un’esperienza precedente esitata in un cesareo, può non solo permettere alle altre donne di prendere atto della concreta possibilità che un obiettivo del genere si realizzi, ma tranquillizzarle e supportarle nella loro decisione almeno di provarci.

Così ho chiesto a Laura se aveva voglia di scrivere, buttare giù immagini ed emozioni scaturite dalla sua recente maternità.

Mi ha presa in parola, e credo abbia impiegato non più di 10 minuti a battere sulla tastiera questi bei pensieri… 😉

” Quattro anni e mezzo fa mi sono trovata a vivere un’esperienza che mi ha lasciato un segno profondo nell’anima. L’11 maggio 2010 è nato Alessandro, il mio primo figlio. Alessandro é nato con taglio cesareo dopo 15 ore di travaglio, per mancata progressione (la testa non scendeva). La nascita di quel frugoletto è stata accompagnata da emozioni contrastanti, gioia da un lato e senso di colpa dall’altro. Senso di colpa dovuto al fatto che in me c’era la sensazione di aver mollato, di non essermi impegnata abbastanza per farlo nascere spontaneamente, come tanto avevo desiderato.

Con il passare degli anni è subentrata la consapevolezza che forse non era tutta colpa mia, se di “colpa” si può parlare: non ero stata sostenuta nel portare a termine un parto spontaneo, non avevo saputo ascoltare il mio corpo e non ero riuscita a farmi ascoltare, annichilita da una situazione sconosciuta.

In occasione della mia seconda gravidanza, sono riemersi i vissuti traumatici del primo parto, ma questa volta ero decisa a non lasciare che le cose accadessero senza che io facessi nulla. Con l’avvicinarsi della data presunta mi sono confrontata con alcune ostetriche per rimettere mano alla mia storia e farmi consigliare in vista del nuovo travaglio. Sono stata ascoltata, finalmente.

Io volevo, se le condizioni lo avessero permesso, provare l’emozione di un parto naturale.

Il 30 aprile, alle 00:30 ho rotto le acque e mi sono recata in ospedale, accompagnata da mio marito, con cui avevo parlato a lungo del mio bisogno di essere sostenuta, anche da lui. Durante quella lunga notte c’è stato l’Incontro con Giada, l’ostetrica che “mi è entrata nella testa”.

Dopo averle raccontato la mia storia e averle espresso il mio immenso desiderio di un parto spontaneo e l’enorme paura di “fallire” di nuovo, le ho fatto richieste specifiche: volevo essere informata su quello che succedeva, su come stavamo procedendo, volevo una scansione temporale  che mi aiutasse ad orientarmi.

“Parlami, ho bisogno di questo”. “Ok”. È stata la sua semplice risposta, e non è mai venuta meno a questa promessa. Mi ha presa per mano, non solo fisicamente, mi ha sostenuta, incitata, non mi ha mai lasciata. Quando, presa dallo sconforto e dalla stanchezza, dopo 17 ore che sembravano mille, ero in preda agli spettri del passato, mi ha accolto, accettando la mia resa senza giudizio. Poi la natura ha fatto il resto e sono cominciate le spinte. Dopo due ore, alle 19 in punto è nata Aurora, 3800 grammi per 52 cm. Mi sono sentita onnipotente, c’eravamo riusciti! Io, Gabriele e…Giada.

È stata un’esperienza fortissima. Ho toccato il fondo e sono risalita.

Ho bonificato la mia immagine di donna che sa, può, riesce a partorire. Tutto ciò grazie a mio marito, che mi avrebbe sostenuta qualsiasi fosse stata la mia scelta e grazie ad una sconosciuta che per la durata del suo turno di lavoro è diventata la mia ancora, sostenendomi, ma soprattutto rispettandomi come donna prima che come madre.

Ho scritto di getto, non é tecnico, ma molto personale, intimo”…

E molto personale e intimo doveva essere, brava Laura! Non manca nulla, in questa testimonianza: il desiderio, la presa di coscienza, la determinazione di voler capire come fare, semplicemente chiedendo a un’ostetrica conosciuta, poi a un’altra in un ospedale disponibile e attento alle sue richieste (esistono, sì!), l’immersione nella corrente della nuova esperienza, travolta a tratti ma sempre consapevole di avere un’alleata preziosa in Giada, la sua “ancora” discreta e capace di ascoltare come di spiegare e assecondare. Il tutto, nella sicurezza di un ambiente protetto in cui le persone si sono messe a disposizione del desiderio, la prima e più potente molla da cui il resto è scaturito…

(*) – https://intornoallanascita.com/2013/07/10/partorire-dopo-un-cesareo/

Partorire dopo un cesareo

“Il cesareo è un intervento formidabile per far nascere alcuni bambini con problemi, ma è una tragedia che diventi un modo abituale di nascere”

Michel Odent

Un taglio cesareo rappresenta sempre interruzione: delle aspettative riguardo ad un parto spontaneo, dell’esperienza di una nascita portata a termine naturalmente, dell’integrità dell’addome materno, dell’idea di “far nascere” che nella mente aveva preso corpo pian pianino…La bella riflessione è che la chirurgia ha consentito di salvare molte madri e molti bambini, ma ora occorre soffermarsi senza dubbio sui risvolti aberranti di tale pratica, spinta alla moltiplicazione superficiale, spacciata per “il modo migliore di far nascere un essere umano”, usata a scopo di maggior lucro e in una miriade di situazioni in cui risulta arduo dimostrare che fosse necessaria.

Per avere un’idea della situazione italiana, si può consultare il post a tema: https://intornoallanascita.com/2011/12/29/il-taglio-cesareo-se-e-quando-serve/

Proviamo invece a spostare l’attenzione sulla possibilità che, a seguito di taglio cesareo, si possa partorire per le vie naturali (parto vaginale dopo cesareo, per il quale si utilizza la sigla VBAC: Vaginal Birth After Caesarean): fino ad ora, almeno in Italia, la tendenza generale è stata quella di ripercorrere la via chirurgica, quasi si trattasse di una maledizione biblica (un cesareo, tutti cesarei…). In realtà tutti gli studi finora condotti suggeriscono che la strada migliore da percorrere, in termini di salute materna e neonatale, sia quella di informare correttamente le donne per consentirgli di provare un parto vaginale, valutando attentamente il progredire del travaglio. In particolare, si è osservata  una riduzione della mortalità materna associata al parto naturale rispetto al taglio cesareo ripetuto.

Le donne con pregresso taglio cesareo presentano un maggior rischio di posizionamento  anomalo della placenta nel corso di una gravidanza successiva, rispetto alle donne non sottoposte a cesareo; tale rischio tende a crescere con il numero di precedenti tagli cesarei e si associa ad incremento di altri esiti negativi per la salute della donna, quali
emorragia, necessità di asportare l’utero, infezioni e anomalie di varia natura, senza contare i riflessi sul neonato.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle sue le raccomandazioni per la nascita, al punto 7 dichiara:
“Non c’è nessuna prova che dopo un precedente taglio cesareo trasversale basso sia richiesto un ulteriore taglio cesareo per la gravidanza successiva. Parti vaginali, dopo un cesareo, dovrebbero essere di norma incoraggiati dove è possibile disporre di un servizio di emergenza per eventuale intervento chirurgico”.

In Italia, nel 2012 sono state approvate dall’Istituto Superiore di Sanità le Linee guida per il Taglio Cesareo, che riportano alcune considerazioni fondamentali:

 * Sulla base delle prove scientifiche disponibili, sottoporre la donna a tagli cesarei ripetuti aumenta la morbosità e la mortalità materne e perinatali.

 * L’ammissione al travaglio, in assenza di controindicazioni specifiche e in presenza di un’organizzazione assistenziale adeguata, deve essere offerta a tutte le donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo.

 * Alle donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo devono essere garantiti un’adeguata sorveglianza clinica e un monitoraggio elettronico fetale continuo nella fase attiva del travaglio. La struttura sanitaria deve assicurare tutti gli interventi necessari nell’eventualità di un taglio cesareo d’urgenza.

Tutte queste condizioni sono facilmente realizzabili in qualunque reparto di Ostetricia ben organizzato e attrezzato: e allora perchè nella quotidianità si continuano a particare cesarei su cesarei, senza valide ragioni? La motivazione principale che viene chiamata in causa riguarda la possibile evenienza di una cosiddetta “rottura d’utero”, ossia il cedimento della cicatrice uterina durante il travaglio, di fatto rara e gestibile con rapidità in ambiente idoneo e monitorando strettamente le condizioni di mamma e feto.

E’ ovvio che stiamo parlando di una condizione che richiede sorveglianza intensiva, come specificato nelle linee-guida. Altrettando ovvio che questo evento non possa avvenire tra le mura domestiche.

Per le donne è davvero importante cercare e ricevere informazioni complete e corrette, libere da terrorismi superflui, che consentano di sentirsi coinvolte nelle decisioni sulla gravidanza e sul parto: per loro significa non soltanto avere il diritto di conoscere l’alternativa ad un altro cesareo, ma avere l’opportunità di vivere un’esperienza “senza interruzioni”, libera dalla sensazione di aver affrontato un ulteriore taglio sulla pancia privo di motivazioni reali…