La coppia prima e dopo il parto

Questo bel dipinto di Jack Vettriano ben si presta per affrontare l’argomento…

Se ne parla poco, si evita generalmente il discorso, o a volte lo si affronta in punta di piedi, spingendosi a porre domande non sempre esplicite al medico o all’ostetrica, ma solo se l’intimità della relazione lo permette: la vita di una coppia subisce uno scossone consistente sia durante la gravidanza che dopo il parto, a volte in maniera tale da compromettere la serenità della convivenza presente e futura. La nascita del primo figlio produce la più forte crisi “transizionale” nell’arco della vita a due.

Una coppia formata da poco, per esempio, può non avere ancora basi emotive, di affiatamento e anche una condizione pratica (occupazione, abitazione) sufficienti a fronteggiare un evento come l’arrivo di un bimbo e l’impegno necessario per crescerlo. A distanza di mesi o anni, quando il figlio inizia a staccarsi dall’adulto e ad acquisire autonomia, può apparire in tutto il suo spessore la lacuna relazionale lasciata in disparte dalla gravidanza in poi.

Un legame che invece si protrae da molto tempo può patire l’interruzione della routine indotta dalla presenza del neonato, dai suoi bisogni distribuiti nelle 24 ore e dalla difficoltà di riorganizzare la propria vita secondo schemi totalmente differenti.

Ma in qualunque situazione  la coppia deve risistemare il proprio assetto pratico, emotivo, fisico. Il problema più grande è proprio legato al fatto che donne e uomini poco o nulla parlano di questo aspetto della vita. Invece tirarlo fuori aiuta a condividere ansie, timori, a maturare come persone e getta le basi per proseguire il cammino nel sostegno reciproco, nella comprensione delle proprie debolezze e di quelle dell’altro/a, nella crescita emotiva che fa bene a sè stessi e ai propri bambini…

Indagini e ricerche suggeriscono che i neopapà riportano maggiori elementi di insoddisfazione nel passaggio da coppia a famiglia. La situazione sociale attuale produce disagi più marcati, per via dell’aumento del senso di solitudine, della percezione di “sentirsi in gabbia”, gravata da sensi di colpa e da sentimenti che sorprendono la coppia, perchè riferiti spesso diversi da quelli preventivati.

Una riflessione della dott.ssa Alessandra Graziottin aiuta a focalizzare le dinamiche emozionali connesse con il diventare genitori:
“La percentuale di uomini che giudica “buona” la qualità della relazione di coppia passa dall’84 per cento al 48 per cento dopo la nascita del primo figlio, con un crollo ancora più deciso per la qualità della vita sessuale, giudicata buona dal 69 per cento degli uomini prima della nascita e solo dal 28 per cento di loro, dopo.

Come cambia la relazione d’amore con la nascita del primo figlio?
Il diventare genitori trasforma in modo sostanziale la relazione coniugale. Tre sono le grandi componenti della relazione di coppia: la dimensione romantico-erotica, quella di complicità amicale, e quella di solidarietà. Con la nascita del piccolo e il massiccio investimento di energia e di tempo che richiede, si riducono a picco la dimensione romantico-erotica e quella di complicità amicale, mentre sale e diventa prioritaria la solidarietà. Aspetto importante per la cura del piccolo ma che, esasperato, uccide l’intimità e l’erotismo, finendo per colpire al cuore la stessa soddisfazione coniugale.

Quali sono i fattori che mettono a rischio la coppia?
La rapidità e la gravità del crollo della soddisfazione affettiva hanno tre fattori predittivi principali: 1) gli atteggiamenti negativi del partner nei confronti della moglie (incluse le gelosie più o meno segrete che il neopapà nutre nei confronti del figlio e dell’esclusività di legame tra il piccolo e la madre, specie se lei esaspera questa contrapposizione); 2) la delusione coniugale del marito nei confronti del legame (percepito come noioso, faticoso, poco erotico); 3) la percezione di uno o entrambi i partner di una vita coniugale “caotica”, specie dopo la nascita del piccolo.

Quali fattori proteggono la coppia dalla crisi dopo il primo figlio?
Tre sono anche i fattori protettivi, che aiutano o migliorano la soddisfazione coniugale dopo la nascita del piccolo: 1) la tenerezza del neopapà verso la moglie, e non solo verso il bambino; 2) un’alta considerazione di lei e del valore della coppia; 3) la considerazione in cui lei tiene il compagno e la relazione di coppia.

Che cosa si può fare per recuperare una buona soddisfazione coniugale?
Innanzitutto, bisogna prepararsi con cura al diventare genitori, senza arrendersi alle emozioni negative che spesso irrompono dopo la prima euforia. Bisognerebbe riuscire a mantenere un proprio spazio, senza triangolare sempre sul figlio: è prezioso avere ancora una sera alla settimana per sé… meglio se con l’aiuto di una persona di famiglia che guardi il piccolo, così da uscire in piena serenità. La neomamma dovrebbe evitare di fare “coppia fissa” con il figlio, specie se maschio, mantenendo un giusto equilibrio di attenzione anche nei confronti del partner.”

Un’ostetrica esperta può davvero fare molto per le donne e le coppie, prima e dopo il parto: preparare entrambi a una nascita senza traumi ed emotivamente intensa, sostenere globalmente la neomamma nel suo adattamento alla nuova condizione, aiutandola anche a superare i problemi fisici che ostacolano l’intimità sessuale con opportuni interventi di rieducazione della muscolatura vaginale, consigliando un idoneo sistema contraccettivo per eliminare i timori di una nuova gravidanza, insegnando esercizi di recupero fisico importanti non solo per la postura, ma anche per il ripristino di una buona percezione di sè. Anche i neopadri possono trovare in essa un’alleata preziosa, con cui condividere le stesse emozioni, le medesime paure della compagna, e da cui magari ricevere quel supporto che si pensa sia così difficile da chiedere e da far comprendere…

Sviluppo fetale e identità sessuale

Non è una riflessione frequente, quella sull’identità di genere delle persone, ma la vita di chi presenta situazioni non riconducibili all’eterosessualità, abitualmente intesa come condizione “normale” dell’individuo, o alterazioni nella corrispondenza tra sesso fisico e sesso psichico non è semplice, nè è facile aprire un confronto su queste tematiche con la maggior parte del genere umano, perchè l’ignoranza regna sovrana.

L’omosessualità, ad esempio, è una condizione presente a livello planetario e riguardante circa il 10% della popolazione maschile e femminile, a tutte le latitudini; essa è stata ed è tuttora oggetto di studio approfondito, ma non si è ancora giunti a individuarne  le motivazioni. Un’indagine recente ipotizza che all’origine di una preferenza per individui appartenenti al proprio sesso potrebbero esserci fattori epigenetici, ereditabili, che non riguardano i geni, ma le modalità della loro espressione, concetto di non facile comprensione per i non addetti ai lavori, ma che apre grandi spazi per capire (*), perchè questo dovrebbe essere l’obiettivo di chiunque osservi il mondo senza pregiudizi e soprattutto nel rispetto della diversità, quando non disturba la vita altrui.

I disordini veri e propri dello sviluppo sessuale esistono invece, e si possono presentare sotto varie forme: derivare ad esempio da un’alterazione dello sviluppo dei genitali interni ed esterni durante la vita fetale, che porta alla nascita di bambini con ambiguità sessuale, cioè non immediatamente riconoscibili come maschi o femmine. Spesso, infatti, a seguito di tali alterazioni  non è possibile effettuare una immediata attribuzione del sesso di appartenenza alla nascita, ma occorre effettuare apposite indagini diagnostiche. Si tratta in questi casi di una condizione estremamente complessa intanto dal punto di vista della gestione psicologica del bambino, nonché della famiglia (come allevare un piccino affetto da questa anomalia, come un maschio o come una femmina?), e che necessita di diversi supporti (psicologico, medico, chirurgico).

Un tempo, queste condizioni venivano chiamate con termini quali Pseudoermafroditismo maschile o femminile, Ermafroditismo o simili. Questo linguaggio determinava situazioni di disagio grave per il minore, quindi è stato abbandonato, grazie all’affermarsi di una diversa cultura e sensibilità, in particolare sotto la spinta delle associazioni di persone che, vivendo il problema, hanno  sottolineato l‘impatto psicologico negativo per loro stessi e per le loro famiglie legato all’uso di termini che facevano direttamente riferimento ad anomalie dell’apparato genitale.

Facciamo un esempio, per capire meglio la complessità di queste riflessioni: è sufficiente il deficit di una (una sola!) sostanza molto specifica, che dovrebbe intervenire in alcuni meccanismi ormonali nel testicolo, per produrre una condizione con incompleta differenziazione dei genitali maschili in maschi con normale patrimonio genetico. La mancanza di testosterone, sostanza ormonale tipicamente maschile, nel testicolo fetale dà origine a individui geneticamente maschi, ma con genitali esterni femminili.

Proviamo ora a immaginare quale ambiente famigliare e sociale trovano questi bambini: anche se alcuni, con difetti meno evidenti, vengono cresciuti come maschi, quelli con alterazioni più gravi di solito sono cresciuti come femmine fino a quando, alla pubertà e per effetto di variazioni ormonali complesse, sviluppano segni di virilizzazione (ingrossamento fallico, caratteristiche sessuali maschili secondarie) e aumento del volume mammario…dunque, come la mettiamo dal punto di vista del bambino, che crescendo sperimenta sul proprio corpo e nella psiche una condizione certamente molto difficile, fonte di grave disagio?

Questo tipo di anomalia è spesso sottodiagnosticato nell’infanzia, e viene evidenziato solo alla pubertà, quando inizia l’attività delle ghiandole sessuali, e che succede allora? Dipende dalla gravità delle alterazioni: individui geneticamente maschi, cresciuti come femmine, a quel punto non hanno mestruazioni e sviluppano una produzione di peli tipicamente maschile, oppure se cresciuti come maschi, vanno incontro a sviluppo mammario e incompleto sviluppo dei genitali.

Se la diagnosi viene posta alla nascita, l’attribuzione del genere deve essere ben meditata, a seconda dei risultati attesi dalla chirurgia plastica mascolinizzante dei genitali. Se viene assegnato il sesso femminile, devono essere eseguite la chirurgia plastica femminilizzante dei genitali e altri aggiustamenti chirurgici. E’ anche disponibile la diagnosi prenatale, per situazioni ben definite.

Il differenziamento sessuale avviene durante la vita intrauterina, ed è un processo complesso in cui intervengono molti fattori in sequenza tra loro: l’inquinamento ambientale, la trascuratezza nella prevenzione e nella cura della salute delle persone e soprattutto delle donne in gravidanza sono elementi potenzialmente capaci di alterarli. Se uno solo di questi subisce interferenze, le conseguenze sono sempre importanti!

In pratica, ne può derivare la mancata corrispondenza tra sesso genetico e sesso apparente,  perchè alterazioni dei meccanismi di differenziazione sessuale comportano uno sviluppo anomalo degli organi sessuali. Queste possono verificarsi in tutte le fasi dello sviluppo embrionale, per effetto di interferenze anche ambientali su e le conseguenze pertanto sono diverse per ciascun tipo di errore, generando anomalie di vario tipo.

I meccanismi naturali che determinano lo sviluppo di un nuovo essere vivente sono delicatissimi, complessi, possono essere turbati e deviati con facilità, perciò la nostra attenzione deve rivolgersi a tutto ciò che li protegge, li favorisce, senza dimenticare il rispetto totale e la comprensione umana dovuti a chi, senza colpa, porta su di sè il peso di processi che per ragioni difficili da individuare si sono svolti in maniera imperfetta…

L’assistenza in gravidanza e durante il parto: chi e come?

Volendo, una donna potrebbe anche partorire da sola: in giro per il mondo moltissime lo fanno per mancanza di alternative, altre per scelta, convinte di garantire il meglio a sè stesse e al neonato, senza interferenze esterne. Ma se la sopravvivenza e le condizioni di salute di entrambi sono migliorate sensibilmente nel tempo, nei paesi più avanzati, lo si deve alle mutate condizioni sociali, sanitarie, e anche alla comparsa sulla scena di persone competenti, in grado di rilevare elementi di deviazione dalla norma o di rischio per mamma e bambino durante la gravidanza o al momento del parto, capaci inoltre di supportare il ruolo genitoriale nella delicata fase post parto.

Tralasciamo il dettaglio (non trascurabile!) che questi eventi hanno subito anche una medicalizzazione esasperata, attualmente messa molto in discussione non soltanto da movimenti crescenti di donne stufe di subire interventi non necessari e spesso almeno fastidiosi, ma anche da serissimi studi scientifici volti a mettere a fuoco cosa davvero serve fare in ambito assistenziale per garantire buoni esiti e cosa no.

Occorre distinguere innanzi tutto tra una condizione di normalità, di cosiddetta fisiologia, e una che invece necessita di una più accurata presa in carico, e di correttivi che richiedono una  diversa competenza: le due figure sanitarie cardine dell’assistenza, ciascuna dotata di propria autonomia e con spazi di responsabilità ben delineati, sono quelle dell’ostetrica e del medico specialista (ginecologo/ostetrico).

Il ginecologo interviene in tutte le situazioni in cui si profila un rischio, anche potenziale, mentre l’ostetrica ha la possibilità di gestire interamente da sola tutte le fasi della gestazione, del parto e del puerperio che si mantengono in ambito fisiologico, intrattenendo con la donna un rapporto abitualmente molto più improntato alla vicinanza emotiva di quanto lo sia quello con il medico. La relazione richiede tempo, e il fattore tempo diventa spesso determinante anche sulla qualità dell’intervento “tecnico”.

La formazione dell’ostetrica avviene attraverso un corso di laurea triennale, durante il quale lo studio teorico si integra con la pratica ospedaliera e ambulatoriale. Le sue competenze sono davvero tante e molto legate alle varie fasi della vita femminile (dalla nascita alla vecchiaia), ma estese alla coppia, al neonato, al bambino e all’adolescente. L’ostetrica può trovare spazi d’intervento sul piano dell’informazione, dell’educazione sanitaria, dell’intervento diretto in sala parto, sala operatoria, reparto ostetrico/ginecologico e neonatologico, consultorio territoriale e in molte altre situazioni correlate con l’esigenza di promozione della salute, intesa in senso lato, in veste di dipendente o in regime di libera attività.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da tempo riconosciuto il ruolo fondamentale ed insostituibile di questa professionista, che attraverso adeguata formazione e acquisizione di esperienza pratica può realmente operare a 360 gradi, con strumenti relativamente semplici, modificando le condizioni sanitarie della popolazione fin dalla nascita, specialmente quando l’assistenza è fornita in maniera continuativa dalla medesima persona e in sinergia con le altre figure.

Peccato che in Italia sia così poco valorizzata dalle istituzioni e scarsamente conosciuta dalle donne, prime beneficiarie delle sue variegate competenze…

Per approfondire:

http://www.fnco.it/codice-deontologico.htm

Donna e Madre

“Prese in braccio la bambina e non la depose mai, girava con lei attaccata al petto, allattandola di continuo, senza orario fisso e senza preoccuparsi delle buone maniere o del pudore…”

“La casa degli spiriti” – Isabel Allende

Ecco, una neomadre si presenta pressappoco cosí, e non sempre una donna dei nostri tempi gioisce al pensiero astratto di questa condizione, stentando a volte a lasciare da parte l’immagine che ha di sé, concentrata sul proprio io, pur aperto ad un compagno, agli amici, ai parenti.

Uno potrebbe anche dire: uomo & padre, ma é diverso, no? La biologia fa la sua parte, e su questo non si puó obiettare, poi la cultura fa il resto, o meglio “le” culture: possedere un utero, sentir muovere un cosino, veder la pancia diventare globosa e considerare tutto questo un valore, una tappa dell’esistenza creativa, intensa e faticosa perché assorbe energie fisiche e psichiche, oppure no. Nella societá occidentale, il ruolo della donna é cambiato radicalmente nel momento in cui si é trasformato il modo di educare le bambine, mentre il ruolo materno é rimasto lo stesso: si chiede alle neomadri di occuparsi ancora dei figli come se la loro vita si svolgesse solo all’interno di un rapporto di coppia in cui il padre provvede alle necessitá della famiglia e la madre resta tra le mura domestiche ad occuparsi del resto. Sappiamo bene che invece lo scenario é cambiato, eccome!

Proprio per questo, peró, dal momento che una donna puó anche decidere di non diventare madre e di impegnarsi in altre attivitá, quando invece  progetta di fare figli ha un’opportunitá straordinaria: informarsi, scegliere per sé e per il suo bambino, nell’ambito del rapporto di coppia, la strada migliore per crescere insieme, a partire dalla gravidanza che rappresenta un’occasione imperdibile di acquisizione di strumenti per gestire in prima persona la propria vita, per proseguire con il parto (dove e come accogliere il neonato) e l’accudimento del bimbo. Dal momento in cui si decide di procreare, occorre imparare a scegliere per il nuovo essere, fino a quando non sará in grado di farlo da solo, e non é cosa facile, però é una bella palestra anche per sé stessi…

Ma entrare in questa dimensione significa soprattutto dare significato e valore al proprio essere donna, che diventa madre attraverso un’esperienza fisica e interiore intensa, faticosa ed esaltante, senza abbandonare l’immagine di sé, che invece si arricchisce in maniera speciale…

Per allargare la riflessione e gli orizzonti:

“Mamma a modo mio” – Elisabetta Ambrosi – Urra Edizioni

http://www.urraonline.com/libri/9788850332342/scheda

Il costo di un’assistenza personalizzata

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Puó darsi che una donna, nel suo percorso di vita e in particolare quando sta per diventare madre, desideri avere accanto a sé una persona scelta, di cui si fida, alla quale riconosce le competenze professionali e relazionali per sentirsi sostenuta durante le varie fasi dell’esperienza. L’ostetrica é la professionista formata per rispondere a specificamente a questi bisogni, potendo spaziare in ambiti molto diversi tra loro della vita femminile, di coppia e non soltanto.

Per approfondimenti, si possono consultare i due post :

https://intornoallanascita.com/2013/03/13/mantieni-la-calma-e-chiama-lostetrica/

e

https://intornoallanascita.com/2012/08/31/lostetrica-una-donna-per-la-donna/

Ma é lecito chiedersi quale puó essere il costo di un’assistenza esclusiva, individuale, calibrata sulla singola situazione, in un contesto dove tra donna e ostetrica il rapporto é di uno a uno e le cure diventano un momento di condivisione tra le esigenze di una e le competenze dell’altra.

Ebbene, l’impegno economico richiesto é spesso inferiore rispetto a quello che si puó ipotizzare, tenendo conto del fatto che l’ostetrica non mette solamente a disposizione competenze ed esperienza, ma anche tempo (tanto!), disponibilitá a spostarsi per raggiungere le persone nel loro ambiente di vita, materiale sanitario per poter esercitare il suo ruolo, reperibilitá continua per settimane (24 ore su 24!!) nel caso in cui occorra assistere il travaglio-parto, sostegno telefonico ininterrotto (in molti Paesi si riceve a casa la fattura per i consulti telefonici, in base all’ora di chiamata e alla durata!)…Diciamo che il compenso dovrá coprire in maniera ragionevole tutti questi elementi, senza diventare troppo oneroso per le donne.

Dunque, una visita a domicilio pre o post parto potrá costare come una seduta dal parrucchiere, l’assistenza al travaglio-parto come un televisore 3D medio, e via discorrendo, anche se durante un primo colloquio é senza dubbio possibile mettere a punto con precisione cosa si desidera, per quanto tempo e quale sará la spesa complessiva.

In definitiva, la decisione di far ricorso alle cure di un’ostetrica rappresenta, come molte altre, una scelta libera e individuale, legata alle proprie esigenze che spesso possono venir soddisfatte certamente anche in ambito di sanitá pubblica. Ma é importante veicolare informazioni corrette sugli aspetti economici della questione, perché magari se so quale impegno comporta per le mie tasche, il professionista a cui affidare i miei bisogni e, in definitiva, la mia vita, lo scelgo da me… ; )

Mantieni la calma, e chiama l’ostetrica…

Questa bella immagine potrebbe (e dovrebbe!) comparire in tutti i luoghi dove si affronta un percorso per diventare madre, o per non diventarlo, o per transitare da una dimensione all’altra della vita femminile, dalla nascita alla vecchiaia. Perchè l’ostetrica è la preziosa alleata delle donne innanzi tutto, ma anche dei loro compagni e dei bambini che originano da un legame; è sostegno emotivo, fisico e professionale nei momenti in cui occorre una guida, un supporto pratico, un consiglio spassionato, una riflessione su cosa fare o non fare, cosa scegliere tra tante possibilità o troppe indicazioni in contrasto tra loro, o quando nessuna alternativa sembra profilarsi all’orizzonte. Sembra eccessivo? Macchè, semplicemente le donne non sono abituate a pensare che esista una figura così poliedrica, che possiede competenze profonde acquisite attraverso lo studio, la pratica, l’aggiornamento costante e anni di esperienza, capace di dare risposte semplici a quesiti apparentemente complessi, e di prospettare soluzioni a misura umana, con l’aiuto della scienza ma attraverso la mediazione delle emozioni, che sono anche le sue…

L’ostetrica nasce con il bisogno delle donne di trovare sostegno durante la gravidanza e, soprattutto, durante il parto; la sua identità attraversa nei secoli fasi alterne, di volta in volta valorizzata o sminuita, quando non criminalizzata. Però resiste, evolve, si amplifica con discrezione, cerca nuove strade per emergere, sempre accanto alle donne, alle coppie, ai neonati, per proseguire accompagnando le tappe dell’esistenza al femminile, che sono anche le sue…

Il rapporto tra donna e ostetrica è uno scambio, dove trovano spazio l’ascolto, lo sfogo, il supporto professionale e la comprensione umana, la trasmissione di strumenti per scegliere consapevolmente e la conoscenza di altro da sè, la riflessione sulla strada da percorrere insieme e la messa a punto di un progetto che rispetta i desideri, la sensibilità e le esigenze della donna, ma anche il bisogno di sicurezza da garantire a qualunque evento, ai massimi livelli.

“La madre ha diritto ad un buon parto e il bambino ha diritto ad una buona nascita”: con queste parole, Frédérick Leboyer, ostetrico francese classe 1918, notissimo per aver introdotto il principio della nascita “senza violenza”, descrive semplicemente ciò che ormai dovrebbe essere riservato a tutte le donne e i bambini del pianeta. E’ da qui che bisogna partire, per cambiare il corso della storia umana: il rispetto di chi mette al mondo e di chi si affaccia alla vita. Accanto alla donna, al suo compagno e al loro bambino, dall’inizio della vita in poi, la figura che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene di importanza fondamentale per garantire i migliori esiti di salute, cioè l’ostetrica…

E ora, buona visione!

Pillola e pillole

A noi donne spetta, quando ne sentiamo il bisogno, l’arduo compito di tenere a bada le uova che mensilmente maturano nelle nostre ovaie, affinchè non ne derivi una gravidanza all’anno o giù di lì. Dunque, la scienza si è spesa e continua a farlo con gran lena per sostenerci in questa difficile impresa, misurandosi con la difficoltà di tenere a bada, invece, i milioni di spermatozoi contenuti in ogni emissione di sperma…

Dalla notte dei tempi la questione ha suggerito agli umani stratagemmi fantasiosi, magari anche efficaci. Nell’antico Egitto era diffuso il ricorso a palline di sterco di coccodrillo inserite in vagina, mentre nella società romana si preferivano quelle di topo (!); infusi di radici, movimenti fisici mirati all’eliminazione dello sperma vaginale, poltiglie abortive da ingurgitare o applicare “localmente” sono stati utilizzati in tutte le società e a tutte le latitudini.

Sul finire dell’Ottocento, Margaret Sanger, americana di forte personalità di cui è assai interessante leggere le note biografiche (*), mette a punto interventi di educazione sessuale del tutto inconcepibili per il suo tempo, naturalmente osteggiati con ogni mezzo. Ma grazie a lei e al consenso creatosi intorno alle sue idee, dagli anni venti del novecento inizia a prendere piede il movimento per la legalizzazione della contraccezione.

Come si è arrivati all’elaborazione della pillola anticoncezionale? Semplice: partendo dall’osservazione, a fine ottocento, che in gravidanza l’ovulazione viene soppressa, e anche somministrando opportune dosi di ormoni femminili alle femmine di topo. A partire da questi principi Gregory Pincus, le cui ricerche vennero finanziate da un’amica facoltosa della Sanger (sempre una donna dietro le quinte…) mise a punto nel 1956 un preparato ormonale da assumere per bocca.

Tracciamo una panoramica dei prodotti attualmente disponibili, per fare un pò di chiarezza.

La pillola contraccettiva è molto diffusa, sia in forma orale che come cerotti transdermici (contenenti ormoni assorbibili per via cutanea) o anello vaginale (anch’esso impregnato di sostanze ormonali, assobite dalla mucosa della vagina), oppure in forma impiantabile sottocute (Nexplanon), di durata triennale, meno utilizzato.

In ogni caso, si tratta di introdurre nell’organismo sostanze ormonali, in formula e dosaggio differenti a seconda del sistema utilizzato, per il tempo necessario ad ottenere il blocco dell’ovulazione. L’efficacia è molto alta, pari al 99%: l’1% di inefficacia è legato ad errori nell’assunzione o interferenze esterne che limitano l’assorbimento della pillola. Trattandosi di un farmaco a tutti gli effetti, va prescritto dal medico: non tutte le donne sono idonee al suo uso, inoltre anche durante l’utilizzo è necessario osservare alcuni criteri di monitoraggio della risposta individuale, come controlli periodici ginecologici (uterini e mammari), esami del sangue, pap-test. La lettura attenta del foglietto illustrativo è necessaria e da ripetere periodicamente, perchè alcune situazioni possono compromettere l’efficacia della pillola o esporre a importanti rischi per la salute.

Per sottolineare la cautela con cui questi preparati devono essere usati, l’OMS ha redatto un documento contenente le raccomandazioni per il loro corretto utilizzo (**).

Un discorso a parte va fatto per le pillole destinate alla contraccezione post-coitale, ossia le cosiddette pillole del giorno dopo o dei 5 giorni: si tratta di farmaci contenenti alte dosi di ormoni sessuali femminili, e vengono definiti contraccettivi di emergenza, ossia possono impedire una gravidanza indesiderata se assunti entro un breve arco di tempo dopo un rapporto a rischio (non protetto, rottura del profilattico, dimenticanze nell’assunzione della  pillola quotidiana). Vanno assunte entro le 72 ore (meglio entro le 24) o entro i 5 giorni successivi al rapporto (meglio appena possibile), e agiscono bloccando o ritardando l’ovulazione e impedendo così che un ovulo possa essere fecondato. Naturalmente devono essere prescritte dal medico secondo una precisa procedura, e certo non sono da utilizzare di routine…

Ben altra cosa è invece la pillola abortiva, la RU 486, che provoca il distacco dell’embrione dalla mucosa uterina e in Italia può essere assunta, esclusivamente in ospedale, entro la settima settimana di gravidanza.

In ogni caso, tutte le decisioni rispetto a sè stesse vanno prese considerando i pro e i contro, le eventuali alternative, insomma informandosi in maniera completa, dialogando all’interno della coppia e con i sanitari, per farsi carico in maniera consapevole e responsabile delle proprie scelte.

 (*) http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=247

(**) Guida alla prescrizione dei contraccettivi orali

L’adolescenza femminile: un ponte tra bambina e donna

I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.

Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi:
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere,
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell’arco

Questo famosissimo brano poetico tratto dal “Il Profeta” di K.Gibran resta sempre toccante per chi inizia a farsi domande sul rapporto tra sé e i figli: finchè non ci sono va tutto bene,  non si fatica a concordare con i principi espressi nel testo, anzi! Ma quando si passa alla condizione di genitore…rileggerlo assume significati ben diversi, perchè la prospettiva muta radicalmente, e tutti si sperimenta un disagio più o meno sottile, una resistenza mentale ad accettarlo fino in fondo. Quanto diventa faticoso tendere quell’arco! E’ normale, umano direi, e acquista un peso ancora maggiore quando l’infanzia cede il passo…

Addentrarsi in quella zona sfuggente della vita che è l’adolescenza è impegnativo per tutti, genitori e figli; significa, per chi la vive in prima persona, attraversare un tunnel fatto di inquietudini, desideri, incertezze, conflitti, il tutto all’interno di un involucro (il corpo) che cambia rapidamente, sfugge al controllo e spesso spaventa

Il passaggio dalla fase neonatale a quella adulta segue strade parallele, al maschile e al femminile: l’adolescente sperimenta una condizione fortemente legata al sesso di appartenenza, condizionata in maniera determinante dal contesto familiare e culturale in cui ha vissuto l’infanzia. Il genitore, a sua volta, teme l’avvicinarsi del momento in cui dovrà prendere atto che la vita fa il suo corso, il bambino si proietta verso l’età adulta, proprio come la freccia della poesia. La neonata agli occhi dell’adulto acquista significati simbolici ben diversi da quelli incarnati dal neonato: rappresenta la continuità materna, il “femminile” che si perpetua, la consapevolezza che dovrà faticare più di un maschio per affermarsi nella vita e nel lavoro, la prospettiva futura (nemmeno tanto lontana) di una sessualità vissuta all’ombra di gravidanze incombenti…

Ancora oggi nel nostro contesto sociale è molto frequente imbattersi in reazioni assai diverse di fronte a neonati di sesso opposto, e la mia posizione professionale offre un punto di osservazione privilegiato delle loro manifestazioni: la bambina sollecita un accudimento fatto di bambole, vestitini vezzosi, tonalità di rosa dominanti (ebbene sì!), mentre il bambino fa scattare con grande facilità meccanismi volti a prevenire eventuali sconfinamenti nel “femminile”…E’ impressionante quanto sia diffuso il timore (specie paterno) di crescere un figlio gay, come se fosse l’educazione il determinante, nella generale ignoranza sulla questione: le reazioni di allerta scattano di fronte a banalità come l’interesse legittimo del piccolo verso una collana o verso una bambola…Una femmina no, non solleva ipotesi in tal senso: la sua futura identità sessuale è scontata, rassicurante. Incredibile? No, assolutamente reale, ma così è. Le scelte di vita delle ragazze (studio, lavoro) restano poi frequentemente condizionate dal richiamo alla necessità di pensare anche ad una futura maternità, specie a fronte di una carenza cronica di strutture di sostegno sociale e pratico alla condizione genitoriale.

Dalla nascita in poi, tutte le esperienze di vita predispongono le modalità con cui il bambino transiterà attraverso l’adolescenza e verso l’età adulta, con aggiustamenti continui condizionati dagli eventi della quotidianità. Tutti gli elementi della sua esistenza prendono forma da subito: la relazione con la famiglia e con gli altri, lo sviluppo del senso di responsabilità, l’attenzione verso il mondo circostante, gli interessi e le ambizioni, la costruzione del futuro, la messa a punto della propria identità sessuale, l’inizio della vita sessuale attiva. Il tutto all’interno di un corpo che, ad un certo punto, si trasforma a ritmo incalzante. Per una femmina ciò significa prendere atto molto presto della propria potenza generativa: la prima mestruazione, non di rado precoce, segnala l’inizio di una potenziale gravidanza, e sconcerta assai! Anche i genitori iniziano a provare inquietudine, timori che prima restavano sopiti e ora acquistano spessore diverso: la paura della violenza, soprattutto sessuale, è molto sentita; l’idea che la figlia possa agire la sessualità rimanda all’ipotesi di una maternità precoce e non calcolata; la sensazione che qualcosa possa sfuggire al controllo adulto si fa strada, e non di rado ci si sente impreparati a darsi risposte. La sessualità rappresenta lo zoccolo duro nella relazione adulti-adolescente femmina: si fatica a mettere in conto che la “bambina” possa avere pensieri e azioni ad essa riferibili, si sperimentano dubbi e ansie che spesso portano a reprimere il suo desiderio di autonomia in maniera anche drammatica, ciò che per un maschio si verifica assai meno.

Queste riflessioni suggeriscono un’unica certezza: genitori si nasce insieme ai figli, ma si può avere bisogno di aiuto per tracciare la strada e non bisogna esitare a chiederlo. Imparare a parlare, a parlarsi, tra adulti e tra genitori e figli è di vitale importanza per tutti, fin da quando il bambino diventa capace di percepire il significato delle parole, cioè molto presto!! Costruire quello che sarà il dialogo durante l’adolescenza, significa cominciare a farlo dal momento in cui un bimbo è nei pensieri, poi nella pancia, poi fuori di essa.

Allora è necessario che chiunque abbia a che fare con il percorso nascita e con l’infanzia avverta il dovere di rendersi parte attiva nel sostegno alla genitorialità, facendo una riflessione sulla propria esperienza di vita, dotandosi di strumenti di conoscenza e aprendosi a tutte le figure che in questi ambiti portano il loro contributo.  Incontri pre e post parto, scambi di riflessioni con ostetriche, infermiere pediatriche, insegnanti, psicologi, pediatri e via dicendo: l’armonica coordinazione delle professionalità che interagiscono con l’adulto e con il bambino è la chiave di volta della costruzione di percorsi di crescita e accudimento rispettosi dell’individualità della persona, fin da quando è solo un’idea nella mente di una coppia.

ngono da voi, ma per tramite vostro,

E benché stiano con voi non vi appartengono.

Mamme baby: un fenomeno in crescita

Sugli schermi italiani ha transitato per un breve periodo un film dal titolo “17 ragazze”, ispirato a una vicenda reale accaduta in Massachussets, dove nel 2008 un certo numero di  liceali tra i 16 e i 17 anni decise un bel giorno di farsi inseminare per avere un figlio: 17 di loro riuscirono nell’intento di restare incinte, diventando madri più o meno in contemporanea e con l’idea di creare una comune ideale dove vivere secondo regole e ritmi diversi da quelli sperimentati fino a quel momento. In pratica, una forma di ribellione contro il mondo degli adulti, ma anche molto altro in termini di vuoti emotivi e relazionali. L’evento ovviamente non mancò di sollevare quesiti, riflessioni, approfondimenti su ciò che poteva stare dietro ad una scelta del genere.

Le registe francesi del film hanno collocato in Francia la storia, e la pellicola ha avuto una diffusione piuttosto estesa, dall’India agli USA, generando ovunque dibattito tra adulti e adolescenti. In Italia, invece, la prima reazione da parte della commissione di revisione cinematografica è stata quella di vietarne la visione ai minori di 14 anni, così motivata: “visto il clima di suggestione fra i ragazzi e i comportamenti estremamente trasgressivi, in particolare le scene di pericolo alla guida, la scena di abuso del fumo in condizioni particolari di salute e le difficoltà con la gestione del proprio comportamento evidenziano la possibilità di emulazione ai minori non in grado di elaborare il senso profondo del film che risulta invece particolarmente adatto ad un pubblico più adulto in grado di coglierne il significato profondo”. Il provvedimento è stato poi revocato in extremis dalla Commissione d’Appello della censura, ma fa pensare il fatto che la prima reazione sia stata quella di omettere, nascondere, evitare…Tralasciamo il fatto (non secondario!) che i nostri bambini e adolescenti vedono quotidianamente ogni sorta di nefandezza esposta senza ritegno su riviste e schermi, senza che commissioni censorie si pongano il problema della loro “emulabilità”. Insomma, nell’anno di grazia 2012 in questo Paese non riusciamo ancora ad accettare l’idea che i giovani abbiano una vita sessuale, anche molto precoce; il risultato è che a tutt’oggi i ragazzi restano del tutto sprovvisti di quel bagaglio educativo/informativo indispensabile per viverla in consapevolezza e sicurezza, che nè la famiglia nè la scuola nè altre entità variamente assortite provvedono a fornire. Conseguenze a breve termine: gli aborti tra le minorenni sono lontani dal diminuire, le malattie a trasmissione sessuale sono in costante aumento e le statistiche registrano un aumento di gravidanze portate avanti tra le adolescenti, a cui certo non è estraneo il fenomeno migratorio, che porta con sè diversi atteggiamenti culturali nei confronti della maternità . Ogni anno le giovani minorenni che partoriscono sono circa 11mila: il 95% di loro è in possesso solo del diploma di licenza media e soltanto i due terzi circa dei loro compagni riconosce il bambino. E’ evidente come questa sia una condizione di estrema fragilità, legata all’immaturità fisica ed emotiva della giovane mamma, alla sua limitata capacità di accudimento a tutto tondo del bambino e alla precarietà della coppia che si viene eventualmente a formare. Buona parte di loro ha alle spalle un vissuto di disagio famigliare, ma una percentuale piuttosto alta (corca il 40%) non ha fatto nulla per evitare la gravidanza, anzi.

Anche le conseguenze a medio-lungo termine non sono da sottostimare: infertilità maschile e femminile prodotta dalle infezioni e dagli aborti ripetuti, patologie varie a carico dell’apparato genitale, instabilità sia dei nuclei famigliari che dell’emotività dei figli di baby madri.

Si è svolto da poco ad Atene il convegno internazionale della Società Europea di Contraccezione e Salute Riproduttiva, che ha evidenziato un paradosso: crescono complessivamente le coppie infertili, ma è boom di baby-mamme. L’Italia occupa inoltre una posizione particolare in questo panorama, perché di figli se ne  fanno sempre meno e sempre più tardi. Delle 360mila pillole del giorno dopo vendute in Italia, quasi il 55% viene utilizzato dalle under 20. Ogni anno sono circa 10mila le gravidanze indesiderate in questa fascia di età. La scarsa informazione è unanimemente riconosciuta alla base del fenomeno (!). Se ne deduce che ben altre risorse dovrebbero essere riservate alla prevenzione del disagio sociale e agli interventi di educazione sessuale.

Che fare? Dialogo, attenzione verso il mondo in cui i nostri bambini prima e adolescenti poi sono immersi, ai suoi messaggi verbali e visivi, che vanno elaborati insieme senza paura di sbagliare: meglio aprire una riflessione in più che evitarla, provare a creare quella serenità di scambio ideale ed emotivo fondamentale per offrire strumenti di consapevolezza ( e spesso costruirne noi stessi di nuovi! ) a chi sta crescendo e fatica ad interpretare un mondo così complesso. Sarebbe triste se passasse il messaggio che una maternità possa riempire vuoti lasciati dalla famiglia e dalla società…

E se da soli ci sembra di non farcela, chiedere aiuto! : ))

Per approfondire:  rapporto PICCOLE MAMME di Save the Children

Dalla neonata alla donna: la salute al femminile

Difficilmente si pensa a collegare tra loro le varie fasi della vita femminile, quando si parla di salute in senso allargato. Eppure la relazione tra stato di benessere psicofisico ed eventi dell’esistenza, dai più semplici ai più complessi, è strettissima, benchè ancora poco indagata; la cosiddetta “medicina di genere”, una disciplina che ha iniziato a muovere i suoi passi negli anni ’80 del secolo scorso, ha messo finalmente a fuoco l’importanza di distinguere tra uomo e donna quando si parla di salute, perchè  se è vero che entrambi appartengono al genere umano, è altrettanto evidente che sono assai differenti riguardo all’anatomia, al funzionamento degli organi, al modo di ammalarsi, di reagire alla malattia e persino alle cure mediche. A complicare le cose, le differenze sociali, economiche, culturali e ambientali, che non soltanto possono essere enormi, ma penalizzare prevalentemente le donne addirittura ancora prima di nascere: si calcola che in India gli aborti selettivi di embrioni femmina siano almeno 500.000 all’anno, e la pratica è diffusa in tutta l’area asiatica…Tenere conto di questi fattori ci permette una riflessione: la salute di una donna dipende in larga misura dalle condizioni in cui inizia la sua esistenza, dal momento della fecondazione di un ovulo vissuto in un organismo che è stato esposto a tutti i fattori prima elencati in poi. Dobbiamo essere consapevoli che le piccole uova contenute nelle ovaie di una neonata saranno l’elemento fondante di una nuova vita, quando si uniranno ad uno spermatozoo. Capire la portata di questo ragionamento significa rivolgere attenzioni particolari all’ambiente in cui la bimba cresce, a partire dalla gravidanza per continuare con l’alimentazione al seno, la risposta sollecita e affettuosa ai suoi bisogni emotivi, l’uso di prodotti naturali per l’igiene, la scelta di cibi semplici, naturali, senza conservanti e coloranti, l’educazione all’ascolto del corpo, il dialogo continuo ed equilibrato sugli effetti nefasti di fumo, alcool e droghe, una buona informazione contraccettiva, senza trascurare l’educazione alla cura delle relazioni affettive e sessuali rispettosa di sè e dell’altro e l’abitudine a guardare lontano, coltivando progetti di vita e cercando di realizzarli con impegno e passione. Ora sappiamo con certezza che l’ambiente in cui si vive influenza il funzionamento del corpo, proviamo a pensare di renderlo accogliente, con lo sguardo rivolto alla neonata che siamo state e a tutte quelle che verranno dopo di noi…