Il parto dell’ostetrica

Già, pure le ostetriche fanno figli, dunque raggiungono il fatidico momento in cui partorirli…Ma come si rapporta una donna che aiuta le altre nel loro percorso per diventare madri con la gravidanza, il travaglio (con le doglie!), l’allattamento e l’accudimento del neonato? Complessa, la faccenda: quando frequentavo il corso di studi formativi, in sala parto osservavo la gestualità delle ostetriche e delle donne, ascoltavo voci, suoni, incitamenti, grida, pianti, richieste di aiuto…e confesso che vi intravedevo parecchie note stonate. C’è voluto tempo per farmi un’idea delle cose: mi piaceva ciò a cui assistevo? No. Non mi garbava affatto sentir intimare alle donne cosa dovevano o non dovevano fare, vederle visitare ogni momento in condizioni di assenza totale di intimità e comfort ambientale, oppresse da solitudine e scoramento davvero difficili da accettare persino per l’osservatore, figuriamoci dalle dirette interessate. L’utilizzo di farmaci, clisteroni, manovre traumatiche sul loro corpo e, dulcis in fundo, una manualità grossolana nei confronti del neonato: stirato, acchiappato per le caviglie, aspirato a più riprese, separato immediatamente dalla madre e in preda ad un’angoscia senza contenimento.

Quando un’ostetrica restava incinta, spesso si sottoponeva volontariamente a un taglio cesareo, e alla domanda sul motivo di tale scelta rispondeva senza esitazione: “preferisco questo ad un parto traumatico”, dando per scontato che lo sarebbe stato!

Nel tempo molto è cambiato, ma non quanto e come ci si sarebbe augurato che avvenisse, sicchè ancora oggi l’ostetrica futura madre tenta almeno, quasi sempre, di conservare un piccolo privilegio: scegliere la collega che vorrà avere al suo fianco nel momento fatidico. Già durante la gravidanza occorre cominciare a separare i piani: donna e ostetrica. Più la prima che la seconda? O viceversa? Non siamo tutte uguali, ma la tentazione di governare da sè buona parte delle fasi gravidiche è spesso forte. Il travaglio parte, infine, e allora giunge il momento in cui occorre mollare gli ormeggi, lasciarsi andare e riporre piena fiducia nella donna/collega che sta accanto. Se la scelta è caduta su di lei è per motivi ben precisi: se ne condivide la filosofia, risponde al bisogno personale di rassicurazione, differente per ogni donna e dunque anche per ogni ostetrica/donna, ha le caratteristiche temperamentali e tecniche rispondenti ai criteri che si ritengono importanti…

Io a suo tempo ho scelto Laura, dalla doppia veste di cognata e ostetrica: era il suo primo parto in casa, e dopo aveva l’adrenalina a mille! Ma ha fatto tuttissimo per bene, sisì! ; )

Le contrazioni: la curiosità di sperimentarle è massima, però quasi mai le fetentissime corrispondono all’idea che l’ostetrica si era fatta di loro. Dolore come quello mestruale, sì, più o meno, ma molto più intenso, ecco. Prima lombare, poi sopra al pube, poi una cosa non tanto immaginabile durante l’espulsione (le donne lo descrivono perlopiù come bruciore intenso, accompagnato dalla sensazione che “qualcosa si rompa”, brrr!!). Pensandolo a freddo, lo si teme un tantino o anche parecchio, ma preoccupa di più la reazione emotiva al suo incalzare, il classico “ce la farò”? Se si partorisce nell’ospedale in cui si lavora, un pò si prova disagio pensando che “tutti mi conoscono, dunque mi devo comportare bene”. Qualcuna invece decide di partorire nella sua casa, e allora si prepara alle inevitabili domande: “ma sei sicura?” in primis…e “da chi ti farai assistere?”, subito dopo.

Oppure ci si affida completamente a un ginecologo, e capita magari di finire per farsi fare un bel cesareo immotivato, ma trovando il modo di motivarselo.

E l’ostetrica che assiste una collega, allora? Anche per lei separare i piani è fondamentale: quella che ha davanti è una donna e basta, altrimenti la tentazione di dare per scontato che sappia già tutto è reale, invece quando partorisce e diventa madre, un’ostetrica è solo una donna/madre, con le sue fragilità, paure e attese, i momenti di scoramento, la stanchezza legata al parto, all’accudimento, al passaggio in un ruolo cruciale nella sua esistenza. La presa in carico deve essere uguale a quella che si mette in campo per tutte le altre donne, poi sarà la neomadre stessa a modulare il suo rapporto con la collega, in base ai bisogni personali.

Certo è che vivere in prima persona l’esperienza di maternità può insegnare tantissimo all’ostetrica: passare dall’altra parte apre sicuramente finestre rimaste socchiuse o decisamente serrate fino a quel momento. Poi capita anche che qualcuna le richiuda, in parte o del tutto: forse dipende da come lei stessa ha vissuto il suo percorso di maternità, ma dentro di sè qualcosa resta sempre, e a volte può fare la differenza tra l’essere solo un “tecnico”, o una miscela di cuore & scienza.

L’ alleanza terapeutica tra donna e ostetrica

Il termine “alleanza terapeutica” appare in numerosi contesti di cura e anche su testi di riferimento legislativo, per indicare quello speciale rapporto che si crea tra curante e assistito e porta alla creazione di un patto condiviso, finalizzato al raggiungimento di un obiettivo comune. In parole semplici, si può definire come un autentico incontro tra le esigenze di entrambi, in cui trovano spazio il dialogo, lo scambio, la domanda e la risposta, la richiesta di professionalità e la disponibilità a fronteggiarla con competenza, rigore, serietà. Nella nostra realtà questo processo prevede anche la stesura di un documento (il consenso informato (*), che testimonia l’avvenuta raccolta delle richieste della persona assistita, l’informazione da essa ricevuta e la conseguente accettazione della proprosta assistenziale.

Nel caso della relazione tra donna e ostetrica, partendo dal presupposto che l’obiettivo è quello di soddisfare il bisogno di salute, che in gravidanza si estende anche al nascituro, il primo passo del percorso consiste nell’ascolto delle richieste, che conduce a stabilire un dialogo.

Come si svolge, nella pratica? Quando vengo contattata da una donna, in genere telefonicamente, inizio a raccogliere la sua necessità di sostegno per mettere a fuoco gli strumenti necessari per fronteggiarla. Abitualmente si concorda un incontro, durante il quale ci si conosce, si stabilisce un primo legame anche emotivo, ci si “annusa” reciprocamente (siamo animali!) e, a poco a poco, si definiscono le posizioni di entrambe. L’ascolto è fondamentale, perchè consente di mettere a punto i passi necessari per risolvere un problema o mettere a punto un percorso assistenziale condiviso. Molto spesso un solo incontro è già risolutivo, per questioni non particolarmente complesse o per consulenze su specifici aspetti della vita o della salute di competenza ostetrico-ginecologica. Altre volte si rende necessario reincontrarsi, per completare un discorso avviato e verificare l’appropriatezza delle soluzioni proposte.

Se la richiesta riguarda l’assistenza in gravidanza e durante il parto, ovviamente il contatto diventa frequente, si intensifica in prossimità dell’evento e prosegue dopo la nascita del bambino, nel sostegno alla nuova condizione. In particolare, se la scelta cade sul parto domiciliare la necessità di informazione sarà molto elevata, ovviamente estesa alla coppia, e da parte dell’ostetrica occorrerà una cura particolare nell’esposizione delle alternative, dei dettagli assistenziali, della scelta del percorso, che contemplerà anche il sondaggio delle motivazioni, dell’accettazione o rifiuto di passaggi tecnici, la messa a punto della documentazione necessaria alla programmazione, la compilazione della cartella ostetrica, la predisposizione di un preventivo di spesa e del consenso informato, un vero e proprio documento in cui risulta tutto quanto è stato espresso dalla professionista, compreso dalla donna e da essa accettatto e sottoscritto. L’importanza di questo documento è davvero enorme per la nostra legislazione, perchè testimonia tutti i passaggi elencati e non può non tenere conto di leggi, regolamenti e, per effetto di un recente decreto, delle linee-guida. Di cosa si tratta? La linea-guida è un insieme di raccomandazioni messe a punto sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e ritenute le migliori per garantire che le cure prestate siano appropriate, di elevata qualità e sicure. I sanitari non sono obbligati a metterle in atto, ma fortemente raccomandati a farlo, perchè in caso contario potrebbero andare incontro a serie conseguenze legali.

Facciamo un esempio molto comprensibile: se una donna mi chiede di assisterla a domicilio dopo aver subito un taglio cesareo, la mia posizione di professionista mi impone di informarla circa il fatto che ciò non è consentito dalle linee-guida sul taglio cesareo redatte dall’Istituto Superiore di Sanità, per motivi ben precisi. Sulla base delle conoscenze attualmente disponibili, infatti, questa condizione va gestita solamente in centri ospedalieri che posseggano determinate caratteristiche (**).

Particolarmente importante, dunque, è la serietà con cui l’ostetrica va incontro alle richieste della donna, dal momento che ha obblighi ben precisi, come specificato in un articolo del suo Codice Deontologico: Nell’esercizio dell’attività professionale l’ostetrica/o si attiene alle conoscenze scientifiche e agisce nel rispetto dei principi fondamentali della qualità dell’assistenza e delle disposizioni normative che regolano le funzioni di sua competenza, al fine di assicurare l’appropriatezza, l’equità e la sicurezza delle cure”. In questa frase sono contenuti tutti i principi-guida dell’esercizio professionale, a garanzia di un sostegno non soltanto emotivamente intenso, ma anche tecnicamente rigoroso, l’unico in grado di garantire il miglior risultato per mamma e bambino. Per le donne e per le ostetriche deve essere chiaro che non tutti i desideri possono trovare sbocco nella pratica: il bisogno di cura si deve misurare con le leggi e le linee-guida assistenziali, a meno di accettare un supplemento di rischio che, innanzi tutto, può ripercuotersi anche pesantemente sull’integrità di mamma e neonato, il che è molto grave, ma può assumere risvolti legali ed economici gravosissimi per l’ostetrica, compromettendo sia l’immagine della categoria che la percezione dell’esperienza (interpretata come pericolosa) da parte degli altri operatori sanitari e soprattutto, ed è ciò che più conta, da parte delle donne stesse…

Alleanza terapeutica significa, dunque, partecipazione responsabile al processo terapeutico, in cui la distribuzione del sapere e del potere tra ostetrica e donna consenta a entrambe un’assunzione ragionata e consapevole di responsabilità nei confronti della propria esperienza. E’ davvero qualcosa di grande, che se condotto con la necessaria cura può dare luogo ad un’esperienza di arricchimento prezioso per antrambe, e non solo… : )

 

(*) – https://intornoallanascita.com/2012/10/15/il-consenso-informato-e-le-cure/

(**) – https://intornoallanascita.com/2013/07/10/partorire-dopo-un-cesareo/

Il colostro

Questo liquido denso, giallognolo per l’abbondante presenza di carotene, prezioso e dalla composizione chimica complessa, chiamato anche primo latte, ha un valore speciale per i mammiferi perchè svolge compiti biologici sorprendenti. Prodotto dalle ghiandole mammarie a partire dalle ultime settimane di gravidanza e per alcuni giorni dopo il parto, viene assunto dal neonato durante le prime suzioni: l’attaccamento precoce al seno, possibilmente entro le prime due ore di vita, gli consente di beneficiare da subito delle sue proprietà. Verso il terzo giorno il colostro cambia composizione e, con l’arrivo della montata lattea, diventa  latte di transizione, che serve per abituare gradualmente il neonato al latte definitivo, più completo nei suoi costituenti, che verrà prodotto intorno al decimo giorno. La concentrazione di sostanze biologicamente attive è così elevata che attualmente non si conosce ancora del tutto la composizione completa del colostro, così come quella del latte materno.

Il sistema digestivo del neonato è molto immaturo, e il colostro, assai digeribile, consente di fornirgli sostanze nutritive concentratissime in un volume limitato. Esercitando un lieve effetto lassativo, favorisce l’eliminazione del meconio, sostanza vischiosa presente nell’intestino, e di conseguenza della bilirubina in esso contenuta, sostanza che deriva dalla distruzione dei globuli rossi in eccesso, prevenendo l’ittero neonatale. Cosa contiene il colostro? Un’infinità di sostanze: principalmente acqua, ma in cui sono diluite proteine, vitamina A,  cloruro di sodio, zinco, taurina (sostanza importante per lo sviluppo del sistema nervoso e della retina), lattosio, lisozima (enzima antibatterico), lattoferrina (che facilita l’assimilazione del ferro), citochine (antivirali e antitumorali). Rispetto al latte vero e proprio, risulta molto più ricco di proteine, di sali minerali e meno carico di zuccheri, grassi e potassio. Per questo motivo tampona la disidratazione a cui il bimbo andrà incontro e durante la quale avrà bisogno di parecchi sali minerali. Le proteine contenute nel colostro gli forniscono particolari anticorpi (ad esempio le immunoglobuline A o IgA), sostanze antimicrobiche che vanno a rivestire le pareti intestinali  e rappresentano la prima barriera sia dall’aggressione di germi e virus sia dalla penetrazione di sostanze estranee che potrebbero far scatenare reazioni allergiche. Questa protezione naturale passiva è di straordinaria importanza, poichè sopperisce all’immaturità del sistema immunitario del neonato, che potrà svilupparsi correttamente grazie al supporto del latte materno. Alcuni fattori di crescita stimolano poi lo sviluppo dell’intestino.

Una delle scoperte più interessanti riguardo alla composizione del colostro è il TF, Transfer Factor, che ha il compito di trasferire la memoria immunitaria materna al bambino, tramite un complesso meccanismo molecolare. Ma potremmo continuare a lungo…

Con il passare dei giorni, diminuiscono le proteine mentre aumenta il contenuto degli zuccheri, indispensabili per la crescita dei tessuti cerebrali, e dei grassi che apportano energia.

Una curiosità: i composti chimici del colostro bovino sono identici ai componenti chiave del colostro umano, ma molti risultano in quantità più rilevanti; ad esempio alcuni anticorpi sono presenti in proporzioni circa venti volte maggiori rispetto a quelli rilevabili nel colostro umano, perchè i vitellini non ricevono dalla madre alcuna protezione attraverso la placenta, mentre i neonati umani sì.

Qualsiasi mammifero femmina produce il colostro, fino a quando si trasforma nel latte con le caratteristiche della specie di appartenenza. In realtà, la sua funzione non è propriamente nutritiva, ma principalmente di stimolo biologico e immunologico, al punto che si è osservato un più rapido sviluppo neurocomportamentale, evidente già alla fine della prima settimana di vita, nel neonato che assume colostro rispetto a quello che non ne beneficia.

Dunque, la cura della suzione precoce e a richiesta al seno materno è una fase estremamente importante, nella quale il bambino apprende a regolare i ritmi alimentari sulla base delle sue necessità, ma soprattutto si appropria dei mattoncini biologici che costutiscono la base della sua salute presente e futura.



Quando è possibile partorire in casa?


Nella vita, se i dubbi sono in agguato occorre sempre informarsi: non è possibile scegliere un percorso senza vagliare le alternative, i pro e i contro, allo stesso modo con cui si scelgono un’auto nuova, una vacanza, un abito… Quando si tratta della salute le decisioni si fanno più ardue, sicchè anche il parto, momento carico di elementi che collegano direttamente con lo stato di benessere fisico e psichico che ci fa sentire “sani”, richiede di operare una scelta. Chi decide di far nascere nell’intimità della sua casa il proprio bambino lo fa per sentirsi accudita in maniera continuativa da un’ostetrica che conosce in gravidanza, che ha sposato la filosofia del rispetto dei tempi naturali di mamma e neonato e che li salvaguarda il più possibile senza mai dimenticare i criteri di sicurezza da garantire ad entrambi. In questo senso, il documento da anni in vigore nella Regione Piemonte (*) rappresenta una garanzia per le donne che vogliono sperimentare il parto a domicilio, poichè si ispira direttamente alle esperienze ormai consolidate del Nord Europa, in cui la nascita in casa rappresenta una possibilità concreta, soprattutto per le olandesi che la vivono nel 30-35% dei casi.

In sintesi, possono accedere all’assistenza, pianificata con cura, tutte le situazioni in cui la gravidanza ha avuto un decorso fisiologico, senza alcuna complicanza, e nel momento in cui insorge il travaglio siano presenti queste condizioni:

– epoca di gravidanza compresa fra le 37 e le 41settimane + 6 giorni

– gravidanza singola (non gemellare) e feto in presentazione cefalica (a testa in giù!)

battito cardiaco del feto regolare

peso fetale stimato all’interno di parametri ben definiti

– assenza di patologia fetale nota e di rischi neonatali prevedibili

– regolare inserzione della placenta (individuata ecograficamente)

– assenza di problemi materni (ostetrici e non) che rappresentino una controindicazione al travaglio di parto, o che richiedano (come nel caso del pregresso taglio cesareo) una sorveglianza intensiva del benessere della madre e del feto durante il travaglio

– insorgenza spontanea del travaglio, rottura delle membrane da meno di 24 ore e liquido amniotico limpido (situazione che andrà comunque opportunamente tenuta sotto osservazione)

– esame batteriologico vaginale negativo per la presenza di Streptococco (a meno che vi sia la possibilitò di disporre di un medico che effettui la prescrizione e sorvegli la somministrazione della terapia antibiotica prevista nei protocolli in caso di positività).

Durante il travaglio, l’ostetrica avrà cura di avvisare il 118 per avere supporto rapido in caso di necessità, e il Centro Ospedaliero con Reparto Ostetrico più vicino per lo stesso motivo, avvisando entrambi dopo il parto per interrompere l’allerta.

L’ostetrica che prende in carico la donna deve non solo attenersi a queste indicazioni, ma sottoscriverlo in forma scritta trasmettendo il documento all’ASL durante la gravidanza, quando viene inoltrata la pratica di rimborso delle spese. In tal modo, la donna ha la garanzia di ricevere un’assistenza conforme ai criteri di sicurezza necessari per una serena esperienza di parto. Pensare di vivere la nascita in casa ignorando questi principi è ovviamente comprensibile per una gestante quando esprime il suo desiderio, ma non accettabile da parte di un’ostetrica onesta, che ha il dovere di operare nei suoi confronti e in quelli del nascituro con coscienza etica, senza fargli correre rischi reali e inutili, secondo i principi espressi dal Codice Deontologico:

“Nell’esercizio dell’attività professionale l’ostetrica/o si attiene alle conoscenze scientifiche e agisce nel rispetto dei principi fondamentali della qualità dell’assistenza e delle disposizioni normative che regolano le funzioni di sua competenza, al fine di assicurare l’appropriatezza, l’equità e la sicurezza delle cure”

“Il comportamento dell’ostetrica/o si fonda sul rispetto dei diritti umani universali, dei principi di etica clinica e dei principi deontologici della professione”

“L’ostetrica/o nell’agire professionale si impegna ad operare con prudenza, diligenza e perizia al fine di tutelare la salute degli assistiti

Informarsi significa anche questo: sapere sempre cosa cercare in chi consultiamo per affidargli la nostra esperienza di vita, e se questa è la nascita di un figlio ogni donna ha il diritto umano fondamentale di ricevere il meglio per sè e per il suo piccino…

(*)  http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:1OsqODvI-Z0J:www.ostetrichetorinoasti.it/documentazione/parto_domicilio.pdf+&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it&client=firefox-a

La mestruazione

Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale essa si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Se l’uomo si trova sul giaciglio o sul mobile mentre essa vi siede, per tale contatto sarà immondo fino alla sera. “(lev. 15:19-23).

Così sta scritto in uno dei libri della Bibbia. Viene spontaneo chiedersi perchè un pò di sangue che fuoriesce dalla vagina debba mobilitare cotante energie negative, quasi che la donna mestruata possa contaminare irreversibilmente il pianeta intero…ma sarebbe lungo indagare.

La mestruazione (dal latino menstrum, una volta al mese) rappresenta comunque un evento carico di mistero per la maggior parte delle donne: difficilmente si entra in contatto con le informazioni necessarie per attribuire un “perchè” ad una ciclica perdita, che inizia e finisce secondo un ritmo più o meno regolare e per un periodo relativamente limitato dell’esistenza femminile. Una madre difficilmente saprà dare risposta esauriente alla domanda di una bimba che sonda la radice del mistero. Eppure è molto semplice: ad un certo punto dello sviluppo, le due piccole ovaie contenute nel pancino cominciano a funzionare, anche per effetto di istruzioni provenienti dal cervello, e inizia lentamente la maturazione delle minuscole uova in esse contenute fin dalla nascita, in ragione di uno al mese circa. Se nella fase in cui l’ovetto pronto per essere fecondato si trova in una delle due tube sopraggiunge uno spermatozoo e riesce a entrarvi dentro, si ha la fecondazione, inizia la gravidanza e la mestruazione si sospende; diversamente l’uovo va incontro a disgregazione dopo circa 24 ore di vita, disperdendosi, e a distanza di circa due settimane inizia a fuoriuscire dalla vagina una discreta quantità di sangue, per 4-5 giorni.

Vediamo un pò: questa immagine raffigura bene l’apparato genitale interno, contenuto nella parte bassa dell’addome, come se fosse stato sezionato a metà da sinistra verso destra; la cervice viene anche chiamata collo dell’utero, e si può notare che si collega alla vagina. Scorriamo dunque un ciclo mestruale, cioè il periodo che va dal giorno 1 della mestruazione al giorno 1 di quella successiva, mediamente di 28 giorni:

MMMMM ° ° ° ° ° ° ° ° O ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° MMMMM

dove M è la mestruazione, ° i giorni senza perdite, O l’ovulazione. Dopo la cessazione della perdita, trascorrono alcuni giorni in cui la parete uterina interna (lo spazio triangolare nell’immagine) si riveste di uno strato (endometrio) di materiale molto speciale, adatto a ricevere l’uovo fecondato, custodirlo e nutrirlo nelle sue prime fasi di sviluppo; quindi si verifica la fuoriuscita di un ovetto (intorno al 14mo giorno circa) da una delle due ovaie (ovulazione), che finisce dentro la tuba. Lì ha la possibilità teorica di venire raggiunto da uno spermatozoo: in tal caso, la fusione dei due corpuscoli origina un organismo che inizia a replicarsi in più cellule e, nel frattempo, si trasferisce lentamente nella cavità uterina, scava una nicchia nello strato fresco fresco e inizia la gravidanza. Se invece, più probabilmente, ciò non succede, l’uovo si dissolve. A quel punto, lo strato non serve più, quindi inizia a disgregarsi fino a quando i piccoli vasi capillari uterini si rompono e danno origine al flusso di sangue, necessario per veicolarne all’esterno i residui. Finita la mestruazione, il ciclo ricomincia e prosegue fino alla menopausa, pur con importanti modificazioni che sopraggiungono nel tempo.

Durante queste fasi, si susseguono equilibri ormonali diversi, che in un certo numero di donne possono dare luogo a intensi sintomi di vario genere, fisici ed emotivi, ovvero la sindrome premestruale. La mestruazione può essere accompagnata da dolore al basso ventre, a volte spiccato. Prima di ricorrere a farmaci, è importante sapere che il riposo adeguato e l’attività fisica possono svolgere azione preventiva attraverso vari canali; una dieta a base soprattutto vegetale e alcuni rimedi naturali possono alleviare in maniera consistente questi disagi: una tisana di salvia può lenire il dolore, insieme all’applicazione di calore sull’addome (da evitare se la mestruazione è abbondante); l’assunzione di cibi ricchi di magnesio (cioccolato amaro, mandorle e anacardi tra i più ricchi!) e preparati a base di magnesio per almeno una settimana prima del flusso attenua la sindrome premestruale e il dolore. Numerosi altri interventi di medicina complementare possono dare giovamento, ma una corretta valutazione ginecologica è sempre necessaria nei casi più accentuati, che arrivano a compromettere la normale vita di relazione della donna.

E’ molto importante che una bimba impari a conoscere questo aspetto della sua esistenza con la maggior naturalezza possibile, senza averne un’immagine negativa ma vivendola come fase di trasformazione e passaggio verso l’età adulta: un dialogo costante, aperto e sincero può offrirle opportunità preziose di scoperta di sè, del proprio corpo e della meraviglia che custodisce… : )

Un’informazione in pù… :

https://intornoallanascita.com/2011/11/23/la-coppetta-magica/

Le radici dell’impotenza maschile

Si parla ancora molto di impotenza, spauracchio di ogni maschio che abbia raggiunto la maturità sessuale, ma in realtà ormai questo termine è stato sostituito con quello di disfunzione erettile (DE), per definire l’incapacità a raggiungere e/o mantenere un’erezione del pene sufficiente a condurre un rapporto soddisfacente. Un pò di dati per capire: si tratta di un disturbo che interessa milioni di uomini nel mondo, alterandone seriamente la qualità di vita. In Italia si stima che circa 3 milioni di uomini ne siano affetti: il 2% di essi ha meno di 39 anni; il restante 98% riguarda maschi dai 40 anni in su e la percentuale di persone che presenta qualche forma di questo disturbo sale con l’aumentare dell’eta’, per una fisiologica senescenza anche della funzione sessuale (ne soffre quasi la metà degli ultrasettantenni). Si ritiene che al di sotto dei 50-55 anni la quasi totalita’ delle disfunzioni erettili sia di origine prevalentemente psichica; si distinguono una forma primaria (se si è manifestata fin dall’inizio dell’attività sessuale) e una secondaria (se è intervenuta in un secondo momento, dopo un periodo di attività sessuale soddisfacente); può inoltre essere generalizzata o situazionale, cioè sempre presente nell’attività sessuale dell’uomo, o soltanto in determinate condizioni.

Le cause possono essere di natura fisica e/o psicologica, spesso concomitanti e in interazione reciproca: tra le più comuni cause psicologiche vi sono l’ansia, la depressione, conflitti intrapsichici profondi ma anche lo stress e i condizionamenti ambientali. Un significato particolare lo riveste la cosiddetta “ansia da prestazione”, ossia quella condizione in cui la tensione verso il risultato determina un effetto inibitorio sull’erezione; è assai frequente nei giovani alle prime esperienze, o dopo il verificarsi di un primo “fallimento” nei rapporti sessuali. Altra causa favorente è data dalla scarsa intesa col partner. Esistono poi numerosi fattori di rischio che aumentano in maniera consistente la probabilità di insorgenza di una DE: il fumo, specie iniziato in giovane età, il consumo cronico di alcol e droghe, la carenza di esercizio fisico, l’ipercolesterolemia, il diabete, l’obesità, l’ipertensione…

Cosa si può fare per evitare l’insorgenza di questo problema? Molto, evidentemente: è chiaro che uno stile di vita sano favorisce il buon funzionamento del corpo, dunque anche del pene, riducendo pure la probabilità di ammalarsi, ma prima si comincia e meglio è.

Un bambino sano nasce da una mamma sana e da una gravidanza condotta con cura (*): il neonato continua a subire gli effetti dell’ambiente, quindi creare le migliori condizioni perchè cresca in buona salute è fondamentale anche per la sua futura vita sessuale. Allattamento materno, minor consumo possibile di prodotti chimici per la sua igiene, svezzamento con cibi sani e semplici, tante coccole, un buon dialogo per poter parlare apertamente del corpo, delle sue funzioni e, più in là, della sessualità consapevole, rispettosa, gioiosa. E poi? Tanto altro:

– seguire un’alimentazione appropriata: (consumo ridotto di caffeina, zuccheri, grassi animali; dieta ricca di vegetali, cibi integrali);

–  svolgere attività fisica costante: il corpo è fatto per muoversi, e il movimento attiva la circolazione, tonifica i muscoli, favorisce la produzione di endorfine, produce benessere; per contro, concedersi un adeguato numero di ore di sonno per rigenerarsi;

– curare la vita di relazione (affetti, amici) e gestire in maniera sensata le proprie giornate (c’è un tempo per ogni cosa…); essere curiosi, non smettere mai di imparare, accrescere la propria cultura: tutti elementi che favoriscono l’autostima e lo stare bene con sè stessi e con gli altri; coltivare il senso dell’umorismo… : )

– accettare serenamente i cambiamenti che il corpo subisce negli anni.

Se ancora non basta, parlarne con un medico può fornire ciò che manca per affrontare il problema e risolverlooo!

(*) – https://intornoallanascita.com/2011/11/03/la-gravidanza-ecologica-3/

https://intornoallanascita.com/2012/02/06/esami-in-gravidanza-il-protocollo-ministeriale/

 

 

Il puerperio

“Il Signore aggiunse a Mosè: «Riferisci agli Israeliti: quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L’ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatrè giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Ma se partorisce una femmina, sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; essa sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna che partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda»”

Effinalmente, diciamo noi… : (

Il brano è tratto dal Levitico, testo biblico, e descrive la percezione collettiva di quell’epoca della donna dopo il parto nella fase che denominiamo puerperio, da puerpera, ossia “donna che ha appena partorito”, a sua volta dal latino puer (fanciullo) e pario (partorisco). Ancora oggi, presso varie culture, persistono rituali, proibizioni e imposizioni riferite a questo periodo, che convenzionalmente si colloca nelle sei settimane successive alla nascita di un bimbo, per comprendervi i fenomeni principali che interessano l’organismo materno fino al ritorno (eventuale, non scontato) della mestruazione, che segna la ripresa dell’attività delle ovaie. Una fase molto particolare, dunque, nella vita della donna, connotata da numerosi cambiamenti personali, fisici ed emotivi, ma anche sociali, influenzando le relazioni interpersonali sia per la trasformazione che subisce l’identità femminile che per gli sforzi di adattamento richiesti dalla nuova condizione. E’ evidente però che lo scadere della sesta settimana non significa nulla in termini pratici, nel senso che non interrompe nè modifica la vita della neomadre, e non sempre è un periodo sufficiente per garantirle recupero fisico e/o psichico: se allatta investe energie supplementari, necessita di riposo, non sempre riprende l’attività sessuale e spesso non ha supporto nella gestione delle altre incombenze quotidiane.

In Italia l’assistenza è incentrata quasi essenzialmente su gravidanza e parto, mentre trascura in maniera consistente di occuparsi della madre e del neonato proprio nel momento in cui essi hanno bisogno di riconoscersi, imparare a convivere, instaurare quel legame lento e graduale fondamentale per la salute globale di entrambi. Eppure in questa fase la donna può ancora sperimentare disagi non indifferenti, legati alla presenza di cicatrici vaginali o addominali (in caso di taglio cesareo), riduzione marcata del tono muscolare dell’addome, alterazioni dello svuotamento della vescica o dell’intestino, problemi di allattamento, difficoltà alla ripresa dei rapporti sessuali, alterazioni dell’umore, o semplicemente vivere con estrema fatica la “banale” riorganizzazione dell’esistenza, sua e del neopadre.

La figura professionale più appropriata per fornirle l’aiuto necessario è quella ostetrica, come riconosciuto dalla normativa che ne regola l’attività: un solo incontro post-parto può capovolgere davvero la situazione, apportando sulla donna, sul suo compagno, sul neonato e sull’ambiente di vita tutto il sostegno e i correttivi necessari per proseguire serenamente la meravigliosa avventura esistenziale iniziata molto tempo prima…

(*) nb. anche la mestruazione o qualunque altra perdita di sangue dai genitali la poneva nella medesima condizione di impurità.

Nutrire per crescere


Il verbo nutrire assume vari significati, ma quelli più suggestivi ci vengono proposti dall’enciclopedia Treccani: “Il fatto di alimentare, di fornire materia allo svilupparsi di sentimenti, e il mezzo stesso, la materia che dà alimento (nutrimento): dare, fornire nall’amicizia, all’amore, all’ira, al dolore, alla disperazione“, e anche “quanto contribuisce ad arricchire le facoltà spirituali e intellettuali, e l’effetto che ne deriva: letture che danno nalla mente, allo spirito”. Dunque, si può dare nutrimento non soltanto al corpo, ma anche alla parte emotiva della nostra natura, quella che ci permette di sperimentare sensazioni, desideri e di arricchire la vita di consapevolezza, nella buona e nella cattiva sorte…

Proviamo a trasferire questo concetto all’attesa di un figlio, cioè all’evento più intenso della vita, quello che amalgama corpo e mente di una donna in un’unica massa di percezioni mai provate prima: non necessita anche, e soprattutto, questa condizione, di un nutrimento speciale, fatto di attenzioni, cure, assistenza competente, informazioni corrette, strumenti per scegliere in libertà? E avere a disposizione tutto questo non permette di crescere, preparandosi ad affrontare il ruolo di genitore sentendosi più forti, capaci, consapevoli della propria abilità per gran parte innata, pronte a padroneggiare la situazione nuova con la serenità di chi sa di possedere dentro di sè tutto quanto serve per farlo nel modo giusto?

Chi può aiutare la donna a raggiungere obiettivi apparentemente così ambiziosi? La figura professionale che in Italia è riconosciuta dal Ministero della Salute come quella idonea a farlo: l’ostetrica, professionista formata specificamente per prendersi cura della donna, del neonato, della coppia e della famiglia (*). Le sue competenze spaziano, in base all’esperienza che acquisisce nel suo percorso professionale, ma quando si affianca alla donna in attesa può davvero diventare promotrice di salute presente e futura per lei e per il suo bambino, senza trascurare gli altri membri della famiglia, in primis il padre del bebè. E’ fondamentale per una donna che sente il bisogno di essere sostenuta in maniera globale, desidera progettare un parto naturale, vissuto come normale processo biologico ma in sicurezza, con interventi esterni limitati ai casi di reale necessità. La vicinanza di un’ostetrica è associata ad un’evoluzione della gravidanza più fisiologica, con significativo abbattimento degli interventi inutili su mamma e neonato lungo tutto il percorso-nascita, a migliori esiti in termini di riduzione di tagli cesarei e uso di analgesia farmacologica, ad aumento dei parti spontanei non complicati e degli allattamenti naturali. In generale, tende a disporre di più tempo da destinare al dialogo e ai bisogni emotivi e fisici connessi con la nuova condizione, e ad aiutare maggiormente la donna a focalizzare che tipo di esperienza vuole vivere, supportandola nelle sue decisioni senza compromettere la sicurezza dell’evento, rispettando le sue scelte.

Trovare un’ostetrica non è difficile, e se non si crea feeling con una si prova a cercarne un’altra, un pò come si fa con il parrucchiere… ; )

(*)  http://www.fnco.it/codice-deontologico.htm

Storia di un piccolo uovo

Ovulo, ovocita, uovo in definitiva, anche se umano…significa che nel corpo di una donna sono contenute centinaia di migliaia di microscopiche uova, del tutto simili alle più conosciute uova di gallina, delle dimensioni di una capocchia di spillo (l’unica cellula umana visibile a occhio nudo!) potenzialmente pronte per generare un nuovo essere, se vengono “colonizzate” da uno spermatozoo. Ma ciò a cui non si pensa mai è che una donna è prima bambina, e prima ancora neonata, che prima ha soggiornato per mesi nell’utero materno, originando a sua volta da un ovulo, in un flusso continuo di vita. Si potrebbe sostenere che quell’uovo è l’origine dell’umanità, quando fa comunella con lo spermatozoo, ma di più non si può dire…

Ebbene, se questo elemento microscopico è il nucleo fondamentale del genere umano, occorre riflettere su come viene trattato: l’ambiente di vita e di lavoro condiziona fortemente la salute della persona, e se il maschio inizia a produrre spermatozoi durante l’adolescenza, proseguendo per tutta l’esistenza ma generandone sempre di nuovi, le uova femminili si formano a partire dal quinto mese di sviluppo fetale, all’interno delle due piccole ovaie, restando sempre quelle, in modo tale che nella fase riproduttiva della donna la disponibilità è di alcune centinaia di migliaia, la maggior parte delle quali andrà incontro a fenomeni progressivi di degenerazione. Si stima che nell’arco della vita solo 300-500 ovociti primari giungano a maturazione completa, durante i cicli mestruali, pronti per essere eventualmente fecondati.

Quindi, avere cura della propria salute adottando stili di vita sani (alimentazione equilibrata, attività fisica, niente fumo nè alcool nè droghe, farmaci solo se strettamente necessari, cosmetici naturali) significa preservare in salute anche questo preziosissimo patrimonio insostituibile e non rigenerabile: quando inizia una gravidanza queste raccomandazioni diventano ancora più importanti, e guardando una neonata, abituiamoci a pensare che dentro al suo pancino sono già contenute due palline che custodiscono la generazione che verrà, perciò cominciamo a costruire per lei le migliori condizioni di vita (allattamento materno, cibi sani dallo svezzamento in poi, farmaci solo se strettamente necessari, creme e oli naturali, etc…).  : )

Incontinenza urinaria: un problema sottovalutato

Sembra che parlare di incontinenza urinaria sia davvero difficile, per chi la sperimenta. Eppure stiamo analizzando una questione che riguarda una percentuale consistente di donne (e uomini, ma ci limiteremo a trattare quella femminile). Si tratta delle perdita involontaria di urina, che può interessare anche giovani donne e presentarsi sotto svariate forme, prima o dopo una gravidanza, un parto, un trauma, o favorita dall’obesità, da altre condizioni quali il diabete e dall’assunzione di farmaci che alterano il tessuto vescicale. E’ evidente che comporta un disagio difficile da arginare, e nel contempo viene spesso considerata dalla donna come “naturale”, sicchè ci si abitua a conviverci, raramente riportando al medico questo dettaglio non trascurabile della propria esistenza. Eppure si tratta di un inconveniente che si può affrontare, innanzitutto parlandone: durante una visita ginecologica, ad esempio, oppure con l’ostetrica, figura cardine, quando opportunamente formata, nella rilevazione del problema e anche nella sua soluzione, all’interno di un’équipe in cui ogni altro membro fa la sua parte (urologo, ginecologo, proctologo, fisioterapista).

Il passo successivo consisterà nel valutare la dimensione del problema, le sue cause, gli strumenti più appropriati per risolverlo. Perchè la bella notizia è che si può risolvere nella stragrande maggioranza dei casi, e sempre di più stanno nascendo centri specializzati (ambulatori dell’incontinenza) nell’affrontarlo sotto tutti i punti di vista, senza improvvisazioni. Dunque, al bando timori, senso di disagio o vergogna, contattare il centro più vicino e affidarsi con fiducia a chi può porvi rimedio!!

Elenco centri incontinenza italiani:

http://www.finco.org/centri-finco.html