La coppia prima e dopo il parto

Questo bel dipinto di Jack Vettriano ben si presta per affrontare l’argomento…

Se ne parla poco, si evita generalmente il discorso, o a volte lo si affronta in punta di piedi, spingendosi a porre domande non sempre esplicite al medico o all’ostetrica, ma solo se l’intimità della relazione lo permette: la vita di una coppia subisce uno scossone consistente sia durante la gravidanza che dopo il parto, a volte in maniera tale da compromettere la serenità della convivenza presente e futura. La nascita del primo figlio produce la più forte crisi “transizionale” nell’arco della vita a due.

Una coppia formata da poco, per esempio, può non avere ancora basi emotive, di affiatamento e anche una condizione pratica (occupazione, abitazione) sufficienti a fronteggiare un evento come l’arrivo di un bimbo e l’impegno necessario per crescerlo. A distanza di mesi o anni, quando il figlio inizia a staccarsi dall’adulto e ad acquisire autonomia, può apparire in tutto il suo spessore la lacuna relazionale lasciata in disparte dalla gravidanza in poi.

Un legame che invece si protrae da molto tempo può patire l’interruzione della routine indotta dalla presenza del neonato, dai suoi bisogni distribuiti nelle 24 ore e dalla difficoltà di riorganizzare la propria vita secondo schemi totalmente differenti.

Ma in qualunque situazione  la coppia deve risistemare il proprio assetto pratico, emotivo, fisico. Il problema più grande è proprio legato al fatto che donne e uomini poco o nulla parlano di questo aspetto della vita. Invece tirarlo fuori aiuta a condividere ansie, timori, a maturare come persone e getta le basi per proseguire il cammino nel sostegno reciproco, nella comprensione delle proprie debolezze e di quelle dell’altro/a, nella crescita emotiva che fa bene a sè stessi e ai propri bambini…

Indagini e ricerche suggeriscono che i neopapà riportano maggiori elementi di insoddisfazione nel passaggio da coppia a famiglia. La situazione sociale attuale produce disagi più marcati, per via dell’aumento del senso di solitudine, della percezione di “sentirsi in gabbia”, gravata da sensi di colpa e da sentimenti che sorprendono la coppia, perchè riferiti spesso diversi da quelli preventivati.

Una riflessione della dott.ssa Alessandra Graziottin aiuta a focalizzare le dinamiche emozionali connesse con il diventare genitori:
“La percentuale di uomini che giudica “buona” la qualità della relazione di coppia passa dall’84 per cento al 48 per cento dopo la nascita del primo figlio, con un crollo ancora più deciso per la qualità della vita sessuale, giudicata buona dal 69 per cento degli uomini prima della nascita e solo dal 28 per cento di loro, dopo.

Come cambia la relazione d’amore con la nascita del primo figlio?
Il diventare genitori trasforma in modo sostanziale la relazione coniugale. Tre sono le grandi componenti della relazione di coppia: la dimensione romantico-erotica, quella di complicità amicale, e quella di solidarietà. Con la nascita del piccolo e il massiccio investimento di energia e di tempo che richiede, si riducono a picco la dimensione romantico-erotica e quella di complicità amicale, mentre sale e diventa prioritaria la solidarietà. Aspetto importante per la cura del piccolo ma che, esasperato, uccide l’intimità e l’erotismo, finendo per colpire al cuore la stessa soddisfazione coniugale.

Quali sono i fattori che mettono a rischio la coppia?
La rapidità e la gravità del crollo della soddisfazione affettiva hanno tre fattori predittivi principali: 1) gli atteggiamenti negativi del partner nei confronti della moglie (incluse le gelosie più o meno segrete che il neopapà nutre nei confronti del figlio e dell’esclusività di legame tra il piccolo e la madre, specie se lei esaspera questa contrapposizione); 2) la delusione coniugale del marito nei confronti del legame (percepito come noioso, faticoso, poco erotico); 3) la percezione di uno o entrambi i partner di una vita coniugale “caotica”, specie dopo la nascita del piccolo.

Quali fattori proteggono la coppia dalla crisi dopo il primo figlio?
Tre sono anche i fattori protettivi, che aiutano o migliorano la soddisfazione coniugale dopo la nascita del piccolo: 1) la tenerezza del neopapà verso la moglie, e non solo verso il bambino; 2) un’alta considerazione di lei e del valore della coppia; 3) la considerazione in cui lei tiene il compagno e la relazione di coppia.

Che cosa si può fare per recuperare una buona soddisfazione coniugale?
Innanzitutto, bisogna prepararsi con cura al diventare genitori, senza arrendersi alle emozioni negative che spesso irrompono dopo la prima euforia. Bisognerebbe riuscire a mantenere un proprio spazio, senza triangolare sempre sul figlio: è prezioso avere ancora una sera alla settimana per sé… meglio se con l’aiuto di una persona di famiglia che guardi il piccolo, così da uscire in piena serenità. La neomamma dovrebbe evitare di fare “coppia fissa” con il figlio, specie se maschio, mantenendo un giusto equilibrio di attenzione anche nei confronti del partner.”

Un’ostetrica esperta può davvero fare molto per le donne e le coppie, prima e dopo il parto: preparare entrambi a una nascita senza traumi ed emotivamente intensa, sostenere globalmente la neomamma nel suo adattamento alla nuova condizione, aiutandola anche a superare i problemi fisici che ostacolano l’intimità sessuale con opportuni interventi di rieducazione della muscolatura vaginale, consigliando un idoneo sistema contraccettivo per eliminare i timori di una nuova gravidanza, insegnando esercizi di recupero fisico importanti non solo per la postura, ma anche per il ripristino di una buona percezione di sè. Anche i neopadri possono trovare in essa un’alleata preziosa, con cui condividere le stesse emozioni, le medesime paure della compagna, e da cui magari ricevere quel supporto che si pensa sia così difficile da chiedere e da far comprendere…

L’assistenza in gravidanza e durante il parto: chi e come?

Volendo, una donna potrebbe anche partorire da sola: in giro per il mondo moltissime lo fanno per mancanza di alternative, altre per scelta, convinte di garantire il meglio a sè stesse e al neonato, senza interferenze esterne. Ma se la sopravvivenza e le condizioni di salute di entrambi sono migliorate sensibilmente nel tempo, nei paesi più avanzati, lo si deve alle mutate condizioni sociali, sanitarie, e anche alla comparsa sulla scena di persone competenti, in grado di rilevare elementi di deviazione dalla norma o di rischio per mamma e bambino durante la gravidanza o al momento del parto, capaci inoltre di supportare il ruolo genitoriale nella delicata fase post parto.

Tralasciamo il dettaglio (non trascurabile!) che questi eventi hanno subito anche una medicalizzazione esasperata, attualmente messa molto in discussione non soltanto da movimenti crescenti di donne stufe di subire interventi non necessari e spesso almeno fastidiosi, ma anche da serissimi studi scientifici volti a mettere a fuoco cosa davvero serve fare in ambito assistenziale per garantire buoni esiti e cosa no.

Occorre distinguere innanzi tutto tra una condizione di normalità, di cosiddetta fisiologia, e una che invece necessita di una più accurata presa in carico, e di correttivi che richiedono una  diversa competenza: le due figure sanitarie cardine dell’assistenza, ciascuna dotata di propria autonomia e con spazi di responsabilità ben delineati, sono quelle dell’ostetrica e del medico specialista (ginecologo/ostetrico).

Il ginecologo interviene in tutte le situazioni in cui si profila un rischio, anche potenziale, mentre l’ostetrica ha la possibilità di gestire interamente da sola tutte le fasi della gestazione, del parto e del puerperio che si mantengono in ambito fisiologico, intrattenendo con la donna un rapporto abitualmente molto più improntato alla vicinanza emotiva di quanto lo sia quello con il medico. La relazione richiede tempo, e il fattore tempo diventa spesso determinante anche sulla qualità dell’intervento “tecnico”.

La formazione dell’ostetrica avviene attraverso un corso di laurea triennale, durante il quale lo studio teorico si integra con la pratica ospedaliera e ambulatoriale. Le sue competenze sono davvero tante e molto legate alle varie fasi della vita femminile (dalla nascita alla vecchiaia), ma estese alla coppia, al neonato, al bambino e all’adolescente. L’ostetrica può trovare spazi d’intervento sul piano dell’informazione, dell’educazione sanitaria, dell’intervento diretto in sala parto, sala operatoria, reparto ostetrico/ginecologico e neonatologico, consultorio territoriale e in molte altre situazioni correlate con l’esigenza di promozione della salute, intesa in senso lato, in veste di dipendente o in regime di libera attività.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da tempo riconosciuto il ruolo fondamentale ed insostituibile di questa professionista, che attraverso adeguata formazione e acquisizione di esperienza pratica può realmente operare a 360 gradi, con strumenti relativamente semplici, modificando le condizioni sanitarie della popolazione fin dalla nascita, specialmente quando l’assistenza è fornita in maniera continuativa dalla medesima persona e in sinergia con le altre figure.

Peccato che in Italia sia così poco valorizzata dalle istituzioni e scarsamente conosciuta dalle donne, prime beneficiarie delle sue variegate competenze…

Per approfondire:

http://www.fnco.it/codice-deontologico.htm

Donna e Madre

“Prese in braccio la bambina e non la depose mai, girava con lei attaccata al petto, allattandola di continuo, senza orario fisso e senza preoccuparsi delle buone maniere o del pudore…”

“La casa degli spiriti” – Isabel Allende

Ecco, una neomadre si presenta pressappoco cosí, e non sempre una donna dei nostri tempi gioisce al pensiero astratto di questa condizione, stentando a volte a lasciare da parte l’immagine che ha di sé, concentrata sul proprio io, pur aperto ad un compagno, agli amici, ai parenti.

Uno potrebbe anche dire: uomo & padre, ma é diverso, no? La biologia fa la sua parte, e su questo non si puó obiettare, poi la cultura fa il resto, o meglio “le” culture: possedere un utero, sentir muovere un cosino, veder la pancia diventare globosa e considerare tutto questo un valore, una tappa dell’esistenza creativa, intensa e faticosa perché assorbe energie fisiche e psichiche, oppure no. Nella societá occidentale, il ruolo della donna é cambiato radicalmente nel momento in cui si é trasformato il modo di educare le bambine, mentre il ruolo materno é rimasto lo stesso: si chiede alle neomadri di occuparsi ancora dei figli come se la loro vita si svolgesse solo all’interno di un rapporto di coppia in cui il padre provvede alle necessitá della famiglia e la madre resta tra le mura domestiche ad occuparsi del resto. Sappiamo bene che invece lo scenario é cambiato, eccome!

Proprio per questo, peró, dal momento che una donna puó anche decidere di non diventare madre e di impegnarsi in altre attivitá, quando invece  progetta di fare figli ha un’opportunitá straordinaria: informarsi, scegliere per sé e per il suo bambino, nell’ambito del rapporto di coppia, la strada migliore per crescere insieme, a partire dalla gravidanza che rappresenta un’occasione imperdibile di acquisizione di strumenti per gestire in prima persona la propria vita, per proseguire con il parto (dove e come accogliere il neonato) e l’accudimento del bimbo. Dal momento in cui si decide di procreare, occorre imparare a scegliere per il nuovo essere, fino a quando non sará in grado di farlo da solo, e non é cosa facile, però é una bella palestra anche per sé stessi…

Ma entrare in questa dimensione significa soprattutto dare significato e valore al proprio essere donna, che diventa madre attraverso un’esperienza fisica e interiore intensa, faticosa ed esaltante, senza abbandonare l’immagine di sé, che invece si arricchisce in maniera speciale…

Per allargare la riflessione e gli orizzonti:

“Mamma a modo mio” – Elisabetta Ambrosi – Urra Edizioni

http://www.urraonline.com/libri/9788850332342/scheda

Puro come l’aria…

Difficile trovare un angolo del Pianeta Terra dove poter respirare un’aria pura come la immaginiamo, ma in questo ambiente viviamo immersi, dove piú dove meno appestato da sostanze chimiche sempre nuove, con cui quotidianamente entriamo in contatto in maniera inconsapevole, non senza effetti collaterali.

Secondo un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá (OMS), 1/3 delle cause globali di malattia è rappresentato da fattori ambientali, e ben il 40% di esse grava sulle spalle dei bambini al di sotto dei 5 anni, che appresentano circa il 12% della popolazione.

Una panoramica della situazione é contenuta nel link:

http://www.epicentro.iss.it/temi/ambiente/rischiAmb_oms.asp

che evidenzia molto chiaramente le gravi ripercussioni sulla salute dei piú piccoli, in termini di mortalitá, disabilitá e malattia come condizioni evitabili, se soltanto le politiche ambientali fossero un’idea presente nei programmi di governo, affidate a persone competenti e applicate con rigore.

Ció che impressiona maggiormente peró, é il pensiero che l’aria possa rappresentare una fonte di malattia, forse per la sua inconsistenza e per l’idea  di elemento immateriale che ne abbiamo. Eppure basta fare qualche riflessione:

– un neonato consuma grandi quantitá di ossigeno, perché ha un’attivitá cellulare assai rapida;

– il suo organismo é in fase di crescita veloce e continua, e gli organi hanno bisogno di tempo per mettere a punto il loro sviluppo e funzionamento, secondo tappe delicate e soggette all’azione negativa di agenti esterni; il periodo cruciale per lo sviluppo polmonare, per esempio, é compreso tra la nascita e i 6-7 anni, ma si perfeziona fino ai 18 anni; il sistema immunitario é immaturo;

– i piccoli abitualmente giocano, si muovono e pertanto respirano in prossimitá del suolo, su cui le micropolveri si depositano e si spostano con facilitá, venendo inalate; hanno inoltre un bisogno di aria tre volte superiore a quello degli adulti nel primo anno di vita.

Non é difficile immaginare le conseguenze a breve e a lungo termine di questo stato di cose: proprio l’OMS ha evidenziato la stretta relazione tra inquinamento atmosferico e basso peso alla nascita, oltre a possibili danni genetici per passaggio placentare di micropolveri,  incremento della mortalitá neonatale e infantile da cause respiratorie collegate, anomalie dello sviluppo polmonare e della funzione respiratoria, aumento consistente di infezioni (bronchiti, polmoniti), asma, tosse reattiva, allergie, con ovvio intensificarsi dei ricoveri ospedalieri e dell’uso di farmaci.

Livelli elevati di polveri sottili inquinanti causano inoltre aumento dei tumori nel primo anno di vita e, in etá infantile, riduzione delle funzioni cognitive e della memoria, secondo uno studio recente.

Ci vogliamo aggiungere anche il fumo di sigaretta, se mamma e/o papá hanno questa abitudine? Allora aspettiamoci un ulteriore peggioramento dei dati fin qui esposti…

Che fare, dunque? Una pubblicazione curata dall’Associazione Culturale Pediatri (consultabile qui: http://www.amat-mi.it/it/downloads/71/ ) offre qualche consiglio:

AZIONI RACCOMANDATE PER RIDURRE L’ESPOSIZIONE DEI BAMBINI AGLI INQUINANTI DELL’ARIA

Usare di più i mezzi pubblici e la bicicletta.
Camminare di più a piedi con i bambini scegliendo orari e luoghi di minor traffico. Andare a scuola in modo autonomo: “pedibus”, piste ciclabili, percorsi controllati e chiusi al traffico in vicinanza delle scuole.

Evitare di svolgere attività fisica all’aperto nelle ore più calde in estate e nelle ore piu’ fredde in inverno.

Collaborare con gli enti preposti perchè il piano traffico tenga conto delle esigenze dei bambini.

Scegliere l’auto nuova tra quelle che più rispettano l’ambiente , tenere conto che chi usa l’auto inala parte delle proprie emissioni.

Preferire parcheggi sotterranei, non sostare con il motore acceso.

Costruire scuole e case lontano da zone di traffico intenso e/o con molte di fabbriche.

Io aggiungerei anche: allattare a lungo al seno i bambini, e usare meno prodotti chimici possibile per la loro cura, il lavaggio della biancheria e la pulizia della casa!!

Da qualche parte bisogna cominciare, insomma… ; )

Il costo di un’assistenza personalizzata

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Puó darsi che una donna, nel suo percorso di vita e in particolare quando sta per diventare madre, desideri avere accanto a sé una persona scelta, di cui si fida, alla quale riconosce le competenze professionali e relazionali per sentirsi sostenuta durante le varie fasi dell’esperienza. L’ostetrica é la professionista formata per rispondere a specificamente a questi bisogni, potendo spaziare in ambiti molto diversi tra loro della vita femminile, di coppia e non soltanto.

Per approfondimenti, si possono consultare i due post :

https://intornoallanascita.com/2013/03/13/mantieni-la-calma-e-chiama-lostetrica/

e

https://intornoallanascita.com/2012/08/31/lostetrica-una-donna-per-la-donna/

Ma é lecito chiedersi quale puó essere il costo di un’assistenza esclusiva, individuale, calibrata sulla singola situazione, in un contesto dove tra donna e ostetrica il rapporto é di uno a uno e le cure diventano un momento di condivisione tra le esigenze di una e le competenze dell’altra.

Ebbene, l’impegno economico richiesto é spesso inferiore rispetto a quello che si puó ipotizzare, tenendo conto del fatto che l’ostetrica non mette solamente a disposizione competenze ed esperienza, ma anche tempo (tanto!), disponibilitá a spostarsi per raggiungere le persone nel loro ambiente di vita, materiale sanitario per poter esercitare il suo ruolo, reperibilitá continua per settimane (24 ore su 24!!) nel caso in cui occorra assistere il travaglio-parto, sostegno telefonico ininterrotto (in molti Paesi si riceve a casa la fattura per i consulti telefonici, in base all’ora di chiamata e alla durata!)…Diciamo che il compenso dovrá coprire in maniera ragionevole tutti questi elementi, senza diventare troppo oneroso per le donne.

Dunque, una visita a domicilio pre o post parto potrá costare come una seduta dal parrucchiere, l’assistenza al travaglio-parto come un televisore 3D medio, e via discorrendo, anche se durante un primo colloquio é senza dubbio possibile mettere a punto con precisione cosa si desidera, per quanto tempo e quale sará la spesa complessiva.

In definitiva, la decisione di far ricorso alle cure di un’ostetrica rappresenta, come molte altre, una scelta libera e individuale, legata alle proprie esigenze che spesso possono venir soddisfatte certamente anche in ambito di sanitá pubblica. Ma é importante veicolare informazioni corrette sugli aspetti economici della questione, perché magari se so quale impegno comporta per le mie tasche, il professionista a cui affidare i miei bisogni e, in definitiva, la mia vita, lo scelgo da me… ; )

Bambini e animali


I bimbi di città nella maggior parte dei casi non entrano in contatto con animali, se non quando per strada vedono i cani portati a spasso dai padroni, o qualche gatto in casa d’altri. La loro esperienza del mondo vivente resta dunque assai limitata per parecchio tempo: qualche pesciolino (sempre meno…) al mare, se si è fortunati, gli uccellini in primavera sugli alberi (difficili da vedere, sfuggenti), sporadiche mucche o capre o pecore in campagna, le mosche in estate…al punto che non riescono nemmeno a individuare la relazione tra un uovo o una tazza di latte e l’animale che li ha prodotti.

Eppure il rapporto con altri esseri viventi consente ai piccoli di allargare l’orizzonte della vita, prendendo coscienza del fatto che non esistono solo gli umani, ma una variegata e spettacolare massa di creature che popola un pianeta gigantesco ma finito, dove ognuno deve trovare il proprio spazio, che risponda a esigenze per forza di cose differenti, rispettando quello altrui.

Spesso sento dire dagli adulti che i bambini “sono feroci per natura”, quando magari rivolgono verso una bestiola gesti aggressivi.  Non penso proprio sia cosí, credo invece che il modo di approcciare l’animale esprima la dimensione emotiva di ciascun bambino, che deriva direttamente da quella dell’adulto che lo ha in cura… : )

Un saggio interessante e originale per documentarsi e capire qualcosa in piú sull’argomento:

http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__bambini_e_animali.php

Cuore e scienza nell’assistenza alla nascita

L’importanza di essere bilingui

“Dappertutto nel mondo esistono nuclei di persone all’avanguardia, che hanno la particolare capacità di raggiungere una consapevolezza nuova prima degli altri. È loro dovere essere d’aiuto nel dare avvio e nel diffondere una nuova consapevolezza. Fintanto che cercano di trasmettere unicamente la loro conoscenza intuitiva – fintanto che parlano solo il ‘linguaggio del cuore’ – sono inefficaci. Per essere influenti, devono dare un’impostazione razionale al loro ‘buon sentire’. Devono allenarsi a diventare ‘bilingui’ – vale a dire, imparare a integrare il ‘linguaggio del cuore‘, la trasmissione della conoscenza intuitiva, con il linguaggio scientifico“.  Michel Odent

Queste parole sono davvero forti e rivoluzionarie, in un momento in cui spesso sembra che prevalgano l’uno o l’altro linguaggio, specie se si parla di salute. Odent viene dal mondo della medicina, dove dovrebbero trovare integrazione la scienza e l’arte di applicarla, ma con il cuore, ed è famoso per aver ribaltato la visione della nascita, lui, uomo…mi ha sempre incuriosita il fatto che da parte maschile siano arrivati, nel secolo scorso, i messaggi più incisivi sulla necessità di cambiare rotta nell’assistenza al percorso gravidanza-parto-cura del neonato, ma così è.

Dunque, a dispetto di chi propugna con facilità ricette apparentemente semplici per gestire la nascita, la sola visione emotiva e la salvaguardia di questi aspetti dell’evento non bastano per garantirgli sicurezza. Per essere credibile e praticabile, l’intervento dell’operatore sanitario deve possedere basi molto solide, sul piano relazionale, formativo e dell’esperienza.

Attualmente si assiste a proposte variegate in tema di gravidanza e parto, spesso inserite in contesti new age, esoterici, spirituali, dove il linguaggio scientifico e la sua traduzione nella pratica assumono connotati negativi…ma siamo sicuri che misurandosi con la nascita una donna, una coppia e la rete di affetti e relazioni che ruota intorno ad essi non avvertano il bisogno di rigore, la necessità di contare sul supporto professionale e competente di persone formate, capaci di trasmettere strumenti reali di conoscenza e autodeterminazione, in grado di aver cura della componente emozionale come di quella pratica, con le sue esigenze molto concrete, pur in assenza di certezze totali e incondizionate, al pari di tutta l’esistenza umana?

Siamo sicuri?… ; )

“Ogni opera di scienza è scienza e arte, così come ogni opera d’arte è arte e scienza…”  –  L.Pirandello

Mantieni la calma, e chiama l’ostetrica…

Questa bella immagine potrebbe (e dovrebbe!) comparire in tutti i luoghi dove si affronta un percorso per diventare madre, o per non diventarlo, o per transitare da una dimensione all’altra della vita femminile, dalla nascita alla vecchiaia. Perchè l’ostetrica è la preziosa alleata delle donne innanzi tutto, ma anche dei loro compagni e dei bambini che originano da un legame; è sostegno emotivo, fisico e professionale nei momenti in cui occorre una guida, un supporto pratico, un consiglio spassionato, una riflessione su cosa fare o non fare, cosa scegliere tra tante possibilità o troppe indicazioni in contrasto tra loro, o quando nessuna alternativa sembra profilarsi all’orizzonte. Sembra eccessivo? Macchè, semplicemente le donne non sono abituate a pensare che esista una figura così poliedrica, che possiede competenze profonde acquisite attraverso lo studio, la pratica, l’aggiornamento costante e anni di esperienza, capace di dare risposte semplici a quesiti apparentemente complessi, e di prospettare soluzioni a misura umana, con l’aiuto della scienza ma attraverso la mediazione delle emozioni, che sono anche le sue…

L’ostetrica nasce con il bisogno delle donne di trovare sostegno durante la gravidanza e, soprattutto, durante il parto; la sua identità attraversa nei secoli fasi alterne, di volta in volta valorizzata o sminuita, quando non criminalizzata. Però resiste, evolve, si amplifica con discrezione, cerca nuove strade per emergere, sempre accanto alle donne, alle coppie, ai neonati, per proseguire accompagnando le tappe dell’esistenza al femminile, che sono anche le sue…

Il rapporto tra donna e ostetrica è uno scambio, dove trovano spazio l’ascolto, lo sfogo, il supporto professionale e la comprensione umana, la trasmissione di strumenti per scegliere consapevolmente e la conoscenza di altro da sè, la riflessione sulla strada da percorrere insieme e la messa a punto di un progetto che rispetta i desideri, la sensibilità e le esigenze della donna, ma anche il bisogno di sicurezza da garantire a qualunque evento, ai massimi livelli.

“La madre ha diritto ad un buon parto e il bambino ha diritto ad una buona nascita”: con queste parole, Frédérick Leboyer, ostetrico francese classe 1918, notissimo per aver introdotto il principio della nascita “senza violenza”, descrive semplicemente ciò che ormai dovrebbe essere riservato a tutte le donne e i bambini del pianeta. E’ da qui che bisogna partire, per cambiare il corso della storia umana: il rispetto di chi mette al mondo e di chi si affaccia alla vita. Accanto alla donna, al suo compagno e al loro bambino, dall’inizio della vita in poi, la figura che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene di importanza fondamentale per garantire i migliori esiti di salute, cioè l’ostetrica…

E ora, buona visione!

L’occidente e il miraggio dell’allattamento materno

Merita diffusione immediata questa analisi dei risultati di anni di formazione sul personale addetto all’assistenza materno-neonatale, costata energie, tempo, denaro e tuttora in corso, che sottolinea ancora una volta (caso mai ce ne fosse bisogno) quanto l’ignoranza della fisiologia, l’eccesso di interventismo e la mancanza di rispetto della naturalità nel percorso nascita possano compromettere in maniera determinante un progetto naturale di salute fondamentale per le generazioni presenti e future…
I lavori scientifici condotti sull’importanza dell’allattamento al seno sono innumerevoli, e tutti concudono che sì, è proprio la cosa giusta per i cuccioli umani, e migliora la prognosi dei prematuri, e riduce la possibilità di contrarre malattie, e potenzia le difese immunitarie, e previene questa e quella complicanza, e…
Ma quanti studi serviranno ancora per convincere della bontà di ciò che la natura ha predisposto le società “avanzate”, quelle che hanno perso il contatto con la normalità dei fenomeni connessi con la vita stessa, a partire dal suo inizio?… : (
Allattamento al seno: prevalenze, durata e fattori associati in due indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (2008-09, 2010-11)*

Laura Lauria, Angela Spinelli, Anna Lamberti, Marta Buoncristiano, Mauro Bucciarelli, Silvia Andreozzi e Michele Grandolfo – Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Introduzione

E’ ormai una certezza consolidata sulla base di prove scientifiche che l’allattamento al seno, esclusivo fino a 6 mesi e prolungato anche oltre i due anni se la mamma e il bambino lo desiderano, produca migliori esiti di salute per entrambi (1). Perché questo obiettivo sia raggiunto è necessario che i servizi sociosanitari operino in modo da promuovere e sostenere le competenze della mamma e del bambino. Nell’ambito del percorso nascita molte sono le circostanze e le azioni che possono favorire od ostacolare l’avvio corretto e il proseguimento dell’allattamento al seno. Ripetute indagini condotte negli ultimi 20 anni mostrano che il 95% delle donne desidera allattare al seno (2-4).

Ciò nonostante, è improbabile che si possano ottenere risultati ed esiti significativi nella promozione dell’allattamento materno se nel percorso nascita si opera con gli eccessi di medicalizzazione presenti in Italia. Questi, oltre a rappresentare indebiti eccessi di spesa e peggiori esiti di salute, hanno l’effetto di indurre nella donna senso di incompetenza a condurre la gravidanza, a travagliare e a partorire e, di conseguenza, a gestire il puerperio con la capacità autonoma di controllo sul proprio stato di salute, come invece raccomanda la Carta di Ottawa (5). Nello specifico, viene ostacolato l’avvio corretto dell’allattamento al seno, prognostico del suo proseguimento nel tempo. Pertanto, la percentuale di mamme allattanti al seno in modo esclusivo alla dimissione, a tre e sei mesi, oltre alla percentuale di allattanti comunque al seno a un anno di vita, rappresentano indicatori di esito validi non solo per lo specifico ma anche più in generale per indicare la qualità dell’insieme dei servizi sociosanitari: bassi valori rappresentano disempowerment e bassa qualità. In generale, la centralità strategica del percorso nascita risiede nella possibilità di sviluppare con il più alto rendimento attività di promozione della salute, non solo perché si ha a che fare nella maggioranza dei casi con fenomeni fisiologici, ma soprattutto perché si ha in assoluto la maggiore disponibilità a riconsiderare il proprio modo di vivere, per assicurarsi il migliore successo dell’impresa che si è deciso di vivere. Le donne smettono di fumare, si interrogano sull’alimentazione e la migliorano, giusto per fare degli esempi. Per inciso va detto che le nostre ricerche indicano che l’allattamento al seno è un potente fattore protettivo dalla ripresa del fumo: più prolungato è l’allattamento, più lungo il periodo di astensione, maggiore la probabilità di smettere definitivamente di fumare (6). La persistenza dell’allattamento al seno rappresenta un’espressione di capacità autonoma di controllo sulla salute, pertanto se l’insieme dei servizi sociosanitari contribuisce a favorire o inibire l’espressione di tale competenza, la qualità degli indicatori sull’allattamento rappresenta il livello di qualità di tutto il percorso nascita e, vista la sua centralità strategica, il livello di qualità dei servizi sanitari e, di conseguenza, della civiltà di un Paese.

Le più recenti politiche nazionali, rappresentate dal Piano di Prevenzione approvato dalla Conferenza Stato Regioni, finalizzato alla promozione e al miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo (7) e dal programma Guadagnare Salute (8), identificano la promozione dell’allattamento al seno come azione strategica di sanità pubblica, coerentemente con quanto stabilito nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) (9), nel cui contesto sono state condotte le indagini qui riportate.

L’obiettivo di questo studio è quello di descrivere le prevalenze di allattamento al seno fino a un anno dal parto e l’associazione con la partecipazione a corsi di accompagnamento alla nascita in gravidanza e a gruppi di sostegno all’allattamento in puerperio, che rappresentano importanti specificità di un percorso assistenziale operante nell’ottica dell’attivazione di processi di empowerment, secondo i principi del POMI.

Metodi

Nell’ambito del progetto “Il percorso nascita: valutazione e promozione della qualità di modelli operativi” , cui hanno volontariamente aderito 25 ASL, con una popolazione target di circa 50.000 donne (corrispondenti al numero di nuovi nati ogni anno), è stata condotta nel 2008-09 un’indagine campionaria di popolazione su partorienti intervistate subito dopo il parto e a 3, 6 e 12 mesi dal parto. L’indagine è stata ripetuta con le stesse modalità a un anno di distanza e contestualmente, in ciascuna ASL e con il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è stata avviata un’attività di formazione del personale e di promozione della qualità del modello assistenziale attraverso interventi di tipo organizzativo, comunicativo e informativo, improntati su modalità di offerta attiva e relativi all’assistenza durante la gravidanza e il puerperio. In particolare, sono stati organizzati presso l’ISS corsi di formazione per il personale delle ASL, partecipanti al progetto, coinvolto nell’organizzazione e nella conduzione dei corsi di accompagnamento alla nascita. A ciascuna ASL è stato raccomandato di reclutare tutte le donne residenti nel proprio territorio che partorivano in un periodo di tempo sufficiente per ottenere almeno 120 parti. Le donne sono state intervistate da personale precedentemente addestrato con l’ausilio di un questionario. (…)

Risultati

Sono state reclutate 6.942 partorienti, di cui 3.531 nella prima indagine e 3.411 nella seconda, con un tasso di rispondenza del 95%. Questo è stato dell’85%, 82% e 78%, rispettivamente a 3, 6 e 12 mesi. Tra la prima e la seconda indagine risultano migliorati gli indicatori assistenziali in gravidanza (partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita dal 35,3% al 39,7%, p = 0,007) e nel puerperio (partecipazione a gruppi di sostegno dall’11,2% al 12,9%, p = 0,455, a incontri di auto aiuto tra mamme dal 16,4% al 18,4%, p = 0,118 e offerta di visita domiciliare dal 59,5% al 73,8%, p = 0,035), mentre sono rimasti stabili gli indicatori ospedalieri favorenti l’allattamento al seno: rooming-in (56%), attacco al seno entro 2 ore dal parto (57%), contatto pelle-pelle (69%). Risulta invece in diminuzione la pratica, altamente ostativa il proseguimento dell’allattamento al seno, della consegna di una prescrizione per il latte formulato, anche nel caso di mamma allattante al seno in modo esclusivo o predominante alla dimissione, dal 10,1% al 6,9%, p = 0,104.

Le prevalenze (percentuali pesate complessivamente sulle due rilevazioni) di allattamento esclusivo al seno, 60,8% al parto, 49,3% a 3 mesi e 6,5% a 6 mesi, sono decisamente basse rispetto a quanto raccomandato (Figura). A 6 mesi e a 12 mesi di follow up risulta particolarmente elevata la prevalenza di donne che non ha mai allattato o non allatta più al seno, 43,3% e 67,5%.

In gravidanza la partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita è fattore associato a più alte prevalenze di allattamento al seno: esclusivo subito dopo il parto 64,3% vs 57,1% OR = 1,35 (IC 95%: 0,99-1,85); esclusivo a 3 mesi 55,5% vs 42,2% OR 1,36 (IC 95%: 1,21-1,53); comunque al seno a 12 mesi 36,5% vs 26,7% OR = 1,42 (IC 95%: 1,18-1,72).

Tendenzialmente, l’effetto della partecipazione ai corsi di accompagnamento alla nascita risulta più evidente a distanza che non alla dimissione, quando cioè i fattori che caratterizzano il centro nascita sono dominanti e quasi mai sotto il diretto controllo della donna.

Altri fattori, quali l’avvio corretto dell’allattamento, fondamentale per l’affermarsi del senso di competenza della mamma e, soprattutto del bambino, il contatto pelle-pelle, l’attacco al seno entro le 2 ore, il parto vaginale senza anestesia (*), l’osservazione della poppata in aggiunta al counselling, il rooming-in di 24 ore, si confermano, rispetto a quanto indicato nella letteratura scientifica, essere tutti fattori associati a più alte prevalenze di allattamento al seno alla nascita e a distanza.

Durante il puerperio la partecipazione a gruppi di sostegno è associata a più alte prevalenze di allattamento al seno: esclusivo a 3 mesi 55,5% vs 47,2% OR = 1,58 (IC 95%: 1,06-2,34); allattamento al seno a 12 mesi 41,7% vs 31,1% OR = 1,40 (IC 95%: 1,02-1,92).

Dall’osservazione delle differenze tra le due indagini nelle modalità di allattamento, si rileva una tendenza al miglioramento; in particolare aumenta leggermente l’allattamento esclusivo al seno subito dopo il parto e a 3 mesi e l’allattamento comunque al seno a 6 e a 12 mesi (p = 0,009) (Tabella).

L’analisi condotta sulle donne che hanno dichiarato, all’intervista dei 12 mesi, di aver allattato per un periodo in modo esclusivo al seno, 1.961 e 1.708 rispettivamente nella prima e nella seconda indagine, ha rilevato come la durata dell’allattamento sia aumentata nella seconda indagine grazie soprattutto alla diminuzione delle donne che hanno interrotto l’allattamento esclusivo entro il primo mese dal parto, dal 24,9% al 17,1%. (…)

Discussione e conclusioni

I principali aspetti emersi dallo studio sono sintetizzabili nei seguenti punti:

  • sono ancora basse le prevalenze di allattamento al seno secondo le modalità e i tempi raccomandati. Si registra una tendenza ad anticipare lo svezzamento;
  • i corsi di accompagnamento alla nascita in gravidanza e i gruppi di sostegno in puerperio, fattori che tendono a far emergere le competenze delle donne, così come le pratiche ospedaliere già riconosciute favorenti l’allattamento al seno, si confermano essere fattori positivamente associati con l’allattamento al seno;
  • tra la prima e la seconda indagine si è rilevato un miglioramento sia negli indicatori assistenziali in gravidanza e nel puerperio che negli indicatori relativi l’allattamento al seno, ma non negli indicatori ospedalieri.

I limiti di questo studio riguardano la non standardizzazione di tutte le attività implementate dal momento che ciascuna ASL partecipante al progetto ha agito secondo le proprie possibilità e sensibilità e con una tempistica che non ha sempre rispettato la temporalità tra implementazione delle attività ed esecuzione della seconda indagine. Le attività implementate hanno riguardato soprattutto la formazione del personale e l’organizzazione dei servizi, in particolare quelli consultoriali, in un’ottica di offerta “attiva” e di empowerment. Nonostante i limiti segnalati che rendono difficile una piena valutazione dell’efficacia degli interventi, i risultati di questo studio confermano come puntare sul miglioramento delle competenze delle donne sia una strategia vincente.

Ringraziamenti

Si ringrazia il Gruppo di lavoro sul Percorso Nascita.

Riferimenti bibliografici

1. World Health Organization. Evidence for the ten steps to successful breastfeeding. Geneva: WHO, Division of Child Health and Development; 1998. (WHO/CHD/98.9).

2. Lauria L, Andreozzi S (Ed.). Percorso nascita e immigrazione in Italia: le indagini del 2009. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2011. (Rapporti ISTISAN 11/12).

3. Grandolfo M, Donati S, Giusti A. Indagine conoscitiva sul percorso nascita, 2002. Aspetti metodologici e risultati nazionali (www.epicentro.iss.it/problemi/…).

4. Donati S, Spinelli A, Grandolfo ME, et al. L’assistenza in gravidanza, al parto e durante il puerperio in Italia. Ann Ist Super Sanità 1999;35(2):289-96.

5. The ottawa Charter for Health Promotion. International Conference on Health Promotion, 17-21 November 1986. Ottawa, Ontario (Canada).

6. Lauria L, Lamberti A, Grandolfo M. Smoking behaviour before, during, and after pregnancy: the effect of breastfeeding. ScientificWorld Journal 2012;2012:154910.

7. Italia. Accordo, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane sul documento concernente “linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. (Rep. Atti n. 137/ CU) (11A00319). Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 13, 18 gennaio 2011.

8. Italia. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 4 maggio 2007. Guadagnare salute. Rendere facili le scelte salutari. Gazzetta Ufficiale n. 117, 22 maggio 2007.

9. Ministero della Sanità. Decreto ministeriale del 24 aprile 2000. Progetto Obiettivo Materno Infantile. Gazzetta Ufficiale n. 131 Suppl. Ord. n. 89, 7 giugno 2000.

(*) La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute nell’ambito del Programma “Il percorso nascita: promozione e valutazione della qualità di modelli operativi” (Capitolo 4393/2006-CCM)

Ultimo aggiornamento mercoledi 9 gennaio 2013
(*) Una precisazione su questo punto: studi in corso stanno cercando conferme o smentite all’ipotesi che l’analgesia durante il parto riduca la capacità di suzione del neonato.

Antibiotici e salute

Da circa un decennio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’invito a ridurre l’utilizzo di antibiotici nella pratica terapeutica, ma con scarsi risultati per vari motivi.

La maggior parte degli antibiotici sono sostanze naturali prodotte da microrganismi (soprattutto funghi) per uccidere altri microrganismi, ma nel tempo si è scoperto che  potevano essere rese più attive modificando chimicamente la loro struttura, per cui attualmente la maggior parte di questi farmaci si ottiene in laboratorio.
Il primo e il più famoso è la penicillina, scoperta da Alexander Fleming nel 1928 ed entrata nell’uso terapeutico negli anni ’40: da allora gli antibiotici hanno avuto un ruolo decisivo nel diminuire la mortalità per malattie che un tempo erano quasi sempre fatali o che mettevano comunque bambini e adulti in pericolo di vita.

Gli antibiotici sono farmaci preziosi, ma hanno effetto contro i batteri e non contro i virus: alcuni di essi uccidono direttamente i batteri, altri li bloccano nella crescita per consentire al sistema immunitario di eliminarli definitivamente. L’influenza e il raffreddore sono causate da virus: in questi casi non solo la somministrazione di antibiotici è inutile, ma può risultare dannosa.

Con il tempo, però, i batteri hanno utilizzato la strategia evolutiva propria delle specie viventi, cioè la mutazione della loro struttura, per difendersi dall’attacco degli antibiotici e trovare vie di fuga dalla loro azione. Questo fenomeno prende il nome di antibioticoresistenza, e permette ai batteri di riprodursi anche in presenza del farmaco che dovrebbe distruggerli. Pertanto moltissimi antibiotici stanno perdendo efficacia su alcune categorie di batteri e il fenomeno sta rapidamente aumentando a livello globale.

I motivi? Un uso eccessivo di antibiotici nei paesi ricchi…

Solo il medico può stabilire se la situazione richiede o meno l’utilizzo di questi farmaci, ma purtroppo largheggia spesso nella prescrizione, e questo rappresenta uno dei fattori favorenti la resistenza batterica. Il secondo fattore è dato dal diffuso ricorso all’ automedicazione, cioè l’assunzione di propria iniziativa di prodotti magari utilizzati da altri o già usati in precendenza in situazioni apparentemente analoghe. L’antibioticoresistenza non riguarda solo il soggetto che assume antibiotici, ma la comunità: se i batteri diventano resistenti in un individuo, si diffondono con la loro nuova struttura tra individui diversi e nell’ambiente, creando un problema di sanità pubblica! Quindi, l‘uso corretto dell’antibiotico è un comportamento socialmente responsabile ed eticamente corretto.

Ridurre l’assunzione di antibiotici ai casi di effettiva necessità (non molti), attenendosi soltanto alle prescrizioni del medico è il modo migliore per limitare l’insorgenza dell’antibioticoresistenza. La terapia va protratta per alcuni giorni o settimane, a seconda della gravità dell’infezione, e sospenderla ai primi segni di miglioramento è una pratica del tutto scorretta.
E’ importante sapere che gli antibiotici uccidono anche i batteri utili all’organismo per le sue funzioni: per questo si possono indurre cambiamenti soprattutto della flora batterica intestinale e vaginale, con comparsa di effetti collaterali quali la diarrea e la vaginite micotica. La contemporanea assunzione di fermenti lattici e yogurt può notevolmente ridurre queste conseguenze.

Piccolo promemoria per l’utilizzo degli antiobiotici nei bambini:

  • una volta iniziata, la terapia antibiotica va portata a termine come da prescrizione medica se non si vogliono rischiare ricadute o complicazioni gravi: il fatto che la febbre sia passata o che il bambino stia meglio non sono un buon motivo per sospendere la terapia;
  • il dosaggio di antibiotico prescritto dal medico va rispettato rigorosamente senza dimenticare o saltare una somministrazione per non rischiare che la terapia si riveli inefficace.

Ma soprattutto, adottare stili di vita sani (allattamento materno, alimentazione ricca di vegetali, cura delle forme influenzali attraverso la limitazione alimentare, l’idratazione e l’attesa, controllo della febbre con spugnature e impacchi freddi) per rafforzare il sistema immunitario è la migliore strategia per fare a meno il più possibile di questi farmaci e sfruttarne l’azione al meglio se e quando servono !!

Per approfondire:

http://www.iss.it/anti/