Madre e figlia


Quando si attende un figlio spesso si fantastica sul sesso, pensando a come sarà la reazione di fronte a una bimba o a un bimbo, ma ancor più proiettando nel tempo il rapporto tra noi e loro. Il passaggio dalla condizione di figlia a quella di madre è intenso, travagliato anche emotivamente, perchè di fatto mette a nudo la propria condizione rispetto al legame con la figura femminile che è venuta prima, e fa riflettere su che tipo di mamma si vuole essere per una figlia. Certo è che una bimba avverte ben presto l’identificazione con la propria madre, mentre un bimbo dovrà differenziarsi da lei per transitare verso la sua identità maschile adulta.

Quando ho iniziato a lavorare come ostetrica, negli anni ’80, era ancora molto forte l’aspettativa verso la nascita di un maschio, specie per le coppie del sud Italia, al punto che se nasceva una femmina non era infrequente imbattersi in reazioni di rifiuto, delusione, persino disperazione se una bimba andava ad aggiungersi a una o più sorelline. Il sesso del bambino lo si scopriva soltanto alla nascita, e leggere sul volto della donna che aveva appena partorito una neonata la tristezza, il senso di fallimento, o sentirla pronunciare frasi del tipo: “mio marito non sarà contento” oppure “mi toccherà riprovarci”, o vederla scoppiare in lacrime che non erano di felicità era davvero toccante. Ma soprattutto non si poteva fare a meno di pensare al futuro di quelle innumerevoli piccine già marchiate dall’appartenenza al sesso “sbagliato”. A rinforzare questa sensazione di disagio e di ineluttabilità erano poi anche le reazioni della parentela, specie quelle paterne: la peggiore, che ancora ricordo con orrore, è stata quella in cui il neo padre ha sputato addosso alla poveretta che aveva appena scodellato la terza femmina…

Mi sono chiesta spesso quale condizione abbiano vissuto nel tempo quelle donne e le loro figlie, strette all’interno di una relazione partita male, e non posso fare a meno di pensare ai milioni di altre che ancora oggi vivono la medesima umiliazione, in molte aree del pianeta.

Nel nostro contesto sociale molto è cambiato, e la relazione tra madre, padre e figlia di conseguenza: sono cambiate le donne, è mutata la prospettiva di vita del sesso femminile, orientato a cercare un’identità professionale prima di quella materna, e quel rapporto speciale che lega una donna adulta alla sua neonata ha la straordinaria possibilità di  fluire più liberamente, a patto di ricomporre il legame con la propria madre, facendo uno sforzo di comprensione delle sue debolezze, dei suoi presunti errori, del suo personale modo di esprimere il ruolo materno, rielaborando tutto alla luce di situazioni diverse, dove le persone non sono più le stesse. Allora fin dall’attesa e dalla nascita si potrà costruire insieme un rapporto profondo, che resterà intenso per sempre, anche quando la figlia seguirà l’inevitabile percorso della sua personale affermazione di autonomia, ma mostrando in sè i tratti di quanto ha ricevuto dal suo ingresso nel mondo…

Per chi vuole sondare attraverso la letteratura questo rapporto così intenso e complesso:

http://canali.kataweb.it/ilmiolibro-articoli-e-recensioni/2009/05/13/nel-nome-della-madre/

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