Pensare che da un ovetto delle dimensioni di una capocchia di spillo, “colonizzato” da uno spematozoo (assai più piccolo) possa originare un nuovo essere umano continua ad essere una prospettiva che colpisce l’immaginazione, soprattutto per il tempo brevissimo che impiegano a formarsi le strutture fondamentali da cui esso prende forma, insieme a tutto quanto serve per garantire la crescita dell’embrioncino e la sua protezione all’interno dell’utero materno.
Quando nasce il bambino, si procede dunque al taglio del cordone ombelicale quando smette spontaneamente di pulsare, e si attende l’espulsione della placenta a cui esso è collegato, unitamente al sacco amniotico che conteneva il piccolo. Ma molto spesso la donna non ha ben presente di cosa si tratta, e fatica a immaginare come, dove e in che modo questi elementi si sono formati. Frequentemente nemmeno le si mostra la sua placenta, e a lei non viene in mente di chiedere di vederla, toccarla ed esplorarla.
Eppure stiamo parlando di un organo vero e proprio, di dimensioni consistenti (circa 20 cm di diametro) e straordinariamente affascinante, proprio perchè anch’esso si forma a partire dall’ovetto iniziale fecondato, secondo istruzioni naturali ben precise…
Ecco come si presenta la situazione verso il termine della gravidanza: all’interno dell’utero troviamo un sacco semitrasparente che contiene liquido, in cui sta immerso il bambino che riceve nutrimento dalla madre, attraverso scambi continui regolati dalla placenta, tramite il cordone ombelicale. Quando il neonato inizia a respirare autonomamente non ha più bisogno della funzione placentare, perchè i suoi polmoni, espandendosi, provvedono a fornirgli l’ossigeno, e la suzione al seno i nutrienti per crescere.
Presso molte culture la placenta è ancora attualmente oggetto di rituale, potendo essere molto spesso sepolta, o addirittura mangiata dalla puerpera per sostenerla nella ripresa post-parto. In altri contesti le si attribuiscono proprietà magiche, curative o valenza spirituale.
Allora, dopo il parto, osservare questo pezzo di sè, poterlo toccare se si desidera, farselo descrivere, equivale a fissare l’attenzione su qualcosa che ha potuto formarsi grazie a quell’iniziale fusione di elementi maschili e femminili, appartiene alla mamma come al neonato, e che non si avrà più occasione di vedere, a meno di un’altra gravidanza…ma si tratterà di un’altra placenta!! : )