I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi:
La vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere,
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell’arco
Questo famosissimo brano poetico tratto dal “Il Profeta” di K.Gibran resta sempre toccante per chi inizia a farsi domande sul rapporto tra sé e i figli: finchè non ci sono va tutto bene, non si fatica a concordare con i principi espressi nel testo, anzi! Ma quando si passa alla condizione di genitore…rileggerlo assume significati ben diversi, perchè la prospettiva muta radicalmente, e tutti si sperimenta un disagio più o meno sottile, una resistenza mentale ad accettarlo fino in fondo. Quanto diventa faticoso tendere quell’arco! E’ normale, umano direi, e acquista un peso ancora maggiore quando l’infanzia cede il passo…
Addentrarsi in quella zona sfuggente della vita che è l’adolescenza è impegnativo per tutti, genitori e figli; significa, per chi la vive in prima persona, attraversare un tunnel fatto di inquietudini, desideri, incertezze, conflitti, il tutto all’interno di un involucro (il corpo) che cambia rapidamente, sfugge al controllo e spesso spaventa…
Il passaggio dalla fase neonatale a quella adulta segue strade parallele, al maschile e al femminile: l’adolescente sperimenta una condizione fortemente legata al sesso di appartenenza, condizionata in maniera determinante dal contesto familiare e culturale in cui ha vissuto l’infanzia. Il genitore, a sua volta, teme l’avvicinarsi del momento in cui dovrà prendere atto che la vita fa il suo corso, il bambino si proietta verso l’età adulta, proprio come la freccia della poesia. La neonata agli occhi dell’adulto acquista significati simbolici ben diversi da quelli incarnati dal neonato: rappresenta la continuità materna, il “femminile” che si perpetua, la consapevolezza che dovrà faticare più di un maschio per affermarsi nella vita e nel lavoro, la prospettiva futura (nemmeno tanto lontana) di una sessualità vissuta all’ombra di gravidanze incombenti…
Ancora oggi nel nostro contesto sociale è molto frequente imbattersi in reazioni assai diverse di fronte a neonati di sesso opposto, e la mia posizione professionale offre un punto di osservazione privilegiato delle loro manifestazioni: la bambina sollecita un accudimento fatto di bambole, vestitini vezzosi, tonalità di rosa dominanti (ebbene sì!), mentre il bambino fa scattare con grande facilità meccanismi volti a prevenire eventuali sconfinamenti nel “femminile”…E’ impressionante quanto sia diffuso il timore (specie paterno) di crescere un figlio gay, come se fosse l’educazione il determinante, nella generale ignoranza sulla questione: le reazioni di allerta scattano di fronte a banalità come l’interesse legittimo del piccolo verso una collana o verso una bambola…Una femmina no, non solleva ipotesi in tal senso: la sua futura identità sessuale è scontata, rassicurante. Incredibile? No, assolutamente reale, ma così è. Le scelte di vita delle ragazze (studio, lavoro) restano poi frequentemente condizionate dal richiamo alla necessità di pensare anche ad una futura maternità, specie a fronte di una carenza cronica di strutture di sostegno sociale e pratico alla condizione genitoriale.
Dalla nascita in poi, tutte le esperienze di vita predispongono le modalità con cui il bambino transiterà attraverso l’adolescenza e verso l’età adulta, con aggiustamenti continui condizionati dagli eventi della quotidianità. Tutti gli elementi della sua esistenza prendono forma da subito: la relazione con la famiglia e con gli altri, lo sviluppo del senso di responsabilità, l’attenzione verso il mondo circostante, gli interessi e le ambizioni, la costruzione del futuro, la messa a punto della propria identità sessuale, l’inizio della vita sessuale attiva. Il tutto all’interno di un corpo che, ad un certo punto, si trasforma a ritmo incalzante. Per una femmina ciò significa prendere atto molto presto della propria potenza generativa: la prima mestruazione, non di rado precoce, segnala l’inizio di una potenziale gravidanza, e sconcerta assai! Anche i genitori iniziano a provare inquietudine, timori che prima restavano sopiti e ora acquistano spessore diverso: la paura della violenza, soprattutto sessuale, è molto sentita; l’idea che la figlia possa agire la sessualità rimanda all’ipotesi di una maternità precoce e non calcolata; la sensazione che qualcosa possa sfuggire al controllo adulto si fa strada, e non di rado ci si sente impreparati a darsi risposte. La sessualità rappresenta lo zoccolo duro nella relazione adulti-adolescente femmina: si fatica a mettere in conto che la “bambina” possa avere pensieri e azioni ad essa riferibili, si sperimentano dubbi e ansie che spesso portano a reprimere il suo desiderio di autonomia in maniera anche drammatica, ciò che per un maschio si verifica assai meno.
Queste riflessioni suggeriscono un’unica certezza: genitori si nasce insieme ai figli, ma si può avere bisogno di aiuto per tracciare la strada e non bisogna esitare a chiederlo. Imparare a parlare, a parlarsi, tra adulti e tra genitori e figli è di vitale importanza per tutti, fin da quando il bambino diventa capace di percepire il significato delle parole, cioè molto presto!! Costruire quello che sarà il dialogo durante l’adolescenza, significa cominciare a farlo dal momento in cui un bimbo è nei pensieri, poi nella pancia, poi fuori di essa.
Allora è necessario che chiunque abbia a che fare con il percorso nascita e con l’infanzia avverta il dovere di rendersi parte attiva nel sostegno alla genitorialità, facendo una riflessione sulla propria esperienza di vita, dotandosi di strumenti di conoscenza e aprendosi a tutte le figure che in questi ambiti portano il loro contributo. Incontri pre e post parto, scambi di riflessioni con ostetriche, infermiere pediatriche, insegnanti, psicologi, pediatri e via dicendo: l’armonica coordinazione delle professionalità che interagiscono con l’adulto e con il bambino è la chiave di volta della costruzione di percorsi di crescita e accudimento rispettosi dell’individualità della persona, fin da quando è solo un’idea nella mente di una coppia.
ngono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.