Omeopatia in gravidanza e durante il parto

L’omeopatia è parte di una serie di possibilità terapeutiche definite “medicine complementari”, molto discussa perchè non è ancora stato possibile dimostrarne scientificamente l’efficacia.

La SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata) si esprime in maniera cauta sulla domanda cruciale “Esistono studi scientifici che convalidano l’omeopatia?” in questo modo: “Premesso che la medicina omeopatica è una medicina sperimentale per definizione, in quanto si basa sulla conoscenza dei dati sperimentali, clinici e tossicologici dei farmaci utilizzati a fini terapeutici, nel secolo scorso si è sviluppata una ricerca scientifica in omeopatia che ha dato luogo a svariate pubblicazioni, non solo su riviste specializzate del settore ma anche su riviste scientifiche “convenzionali” di fama internazionale. Nonostante il conforto di queste ricerche vi è ancora molto da studiare e da comprendere . La ricerca in questo ambito è ostacolata non solo dalla particolarità della materia in esame (che rende non sempre agevole il rispetto di tutti i canoni predefiniti dalla comunità scientifica internazionale) quanto, e soprattutto, dalle scarse risorse economiche disponibili in questo settore”.

E’ evidente dunque che pronunciarsi in maniera convincente ed esauriente su questo tema non è possibile, almeno per ora. Tuttavia un numero crescente di persone vi fa ricorso, nel mondo occidentale, per svariati motivi, traendone beneficio soggettivo che fino ad ora è stato catalogato come effetto placebo. Attualmente è ancora vivace una polemica riguardante l’ultima ricerca del Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier, che in un lungo articolo scientifico pubblicato nel 2011 sulla rivista “Journal of Physics” dimostra l’esistenza di una “memoria dell’acqua biologica”, in grado di mantenere traccia del DNA batterico anche al di sotto della soglia minima di presenza dello stesso, per cui i sostenitori dell’omeopatia ritengono che questi esperimenti possono forse dimostrare anche la funzionalità di principi attivi farmacologici superdiluiti (quelli, per intenderci, presenti nelle preparazioni omeopatiche). Il dibattito è aperto, e vedremo come evolverà.

Nel frattempo però possiamo porci alcune domande: qual è il significato dell’effetto placebo? Secondo  Fabrizio Benedetti, un fisiologo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze che si è dedicato intensamente all’indagine su questo fenomeno, “dipende dal contesto psicologico e relazionale in cui il paziente si trova. In questo contesto il curante gioca un ruolo fondamentale perché è in grado di convincere il paziente che il farmaco che sta per assumere lo farà stare meglio, creando in lui aspettative sul risultato. Numerosi studi dimostrano che uno stato emotivo tranquillo e fiducioso è accompagnato da una maggior efficacia dei trattamenti farmacologici. Agiscono poi meccanismi inconsci, come la secrezione ormonale o l’attività del sistema immunitario: l’effetto placebo si innesca dopo una fase di “condizionamento” in cui la persona impara ad associare il trattamento (per esempio l’assunzione di una compressa tonda e bianca contenente il principio attivo) alla scomparsa di un sintomo, quale il dolore fisico. Se dopo la fase di condizionamento si somministra al paziente un trattamento identico ai precedenti ma privo di principio attivo l’effetto terapeutico non cambia. L’effetto placebo, quindi, è un fenomeno psico-biologico in cui l’innescarsi di un nuovo stato emotivo determina precisi cambiamenti all’interno del nostro cervello. Negli ultimi anni è anche emerso che questo effetto è dovuto al rilascio, da parte del cervello stesso, di sostanze simili alla morfina, le cosiddette endorfine”. Bene, mi sembra che non sia poco. Lo stato emotivo evidentemente ha un potere altissimo di condizionamento della salute anche fisica delle persone. A maggior ragione  dobbiamo trasferire questo principio a gravidanza e parto, fenomeni di per sè fisiologici nella vita delle donne, su cui adeguati interventi di rassicurazione, informazione e sostegno, uniti all’adozione di misure assistenziali non invasive e di provata efficacia, è dimostrato che danno luogo ai migliori esiti senza alcun intervento farmacologico. Se poi l’utilizzo di preparati omeopatici, indipendentemente da come la si pensa, può in alcuni casi potenziare questo effetto, dove sta il problema? Certamente possiamo discutere sulla rimborsabilità (a spese di tutti) di preparati di cui l’efficacia certa sul piano farmacologico non è ancora dimostrata. Mentre si attendono nuove conclusioni scientifiche, vigilando su speculazione e abuso, il dibattito è aperto… 😉

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