Vita da ostetrica, vita di donne…

Se mi si chiede di raccontare di me, nella mia veste di ostetrica, non posso fare a meno di allargare lo sguardo oltre il ruolo professionale, perchè le donne, i bambini che da esse nascono e il mondo di affetti che vi gravita intorno non può passare in secondo piano: è come se ogni parte fosse il frammento di un puzzle, e l’immagine di insieme che ne deriva un affresco popolato di persone, emozioni, attese, calore umano e tantissimo altro.

Ma per dare un’idea di quanto ho affermato voglio raccontare una storia, che parte da lontano, e precisamente dal momento in cui ho deciso che il mio posto era nel percorso di assistenza al parto in casa; ad un certo punto della mia vita ho pensato che avrei voluto mettermi alla prova in questo ambito, quindi ho iniziato ad assistere la prima donna che mi ha chiesto di farlo, mentre aspettavo la mia prima figlia, nel 1985. Il parto di Elena fu magnifico, e mi diede la spinta per proseguire su questa strada, nonostante le forti perplessità che l’esperienza generava a partire dagli stessi operatori sanitari con cui ero in contatto, medici e ostetriche. Dopo aver partorito io stessa due figlie nell’intimità della mia casa, assistita da Laura (mia cognata, anch’essa ostetrica, praticamente tutto in famiglia!) vivendo l’esperienza più bella e intensa della mia vita, ho pensato che tutte le donne avrebbero dovuto disporre della possibilità di compiere la mia stessa scelta, perciò entrai a far parte del Collegio Professionale e mi adoperai, supportata da altre forze rappresentate da donne e colleghe che condividevano questo ideale, per promuovere da parte dell’Assessorato Regionale alla Sanità un riconoscimento economico dell’assistenza al parto domiciliare per le donne che lo desideravano. Nel 1990 la Regione emanò, prima in Italia, una delibera di rimborso tuttora in vigore, che consente la copertura parziale delle spese. La messa a punto successiva di un protocollo assistenziale molto dettagliato, che permette di coordinare l’assistenza per ottenere i migliori risultati minimizzando il rischio ed equiparandolo a quello del parto ospedaliero, ha offerto alle ostetriche e alle donne uno strumento di lavoro che valorizza la professionalità delle prime e potenzia la sicurezza per le seconde, consentendo di appoggiarsi alla rete ospedaliera e al soccorso di emergenza (118), che vengono sempre allertati durante il travaglio, e di prestare assistenza a mamma e neonato senza trascurare alcuno dei passaggi previsti in caso di parto ospedaliero. In tal modo, la donna che sceglie questa possibilità ha la garanzia di essere assistita da ostetriche che devono dichiarare in forma scritta di aderire in maniera rigorosa al protocollo regionale. Ciò è garanzia per le donne e i loro bambini di serietà e coscienza  professionale, nel rispetto però delle esigenze di naturalità dell’evento.

Dunque, ad un certo punto del mio percorso mi sono imbattuta in Gabriella, una donna con tre figli nati in ospedale, che attendeva il quarto e desiderava vivere l’esperienza nella sua casa. Al parto presenziò la primogenita, Sara, all’epoca quattordicenne. Nei giorni che seguirono tutta la famiglia venne coinvolta allegramente nell’evento, ma certo Sara fu per alcuni aspetti più partecipe e presente, sia fisicamente che emotivamente. Al termine del percorso assistenziale, che si protrasse come sempre per un mese dopo il parto, ci sentimmo ancora con Gabriella per aggiornarci sul procedere degli eventi e salutarci, ma ad un certo punto i contatti scemarono fisiologicamente. Anni dopo, iniziai ad operare come collaboratrice alla didattica al Corso di Laurea in Ostetricia, presso la Clinica Ostetrica di Torino, e un giorno mi si avvicinò una ragazza minuta che si presentò e mi chiese se mi ricordavo di lei…Si trattava di Sara, che nel tempo aveva maturato l’idea di fare il mio stesso mestiere! Che sorpresa e che  piacere! Il fatto che quell’evento potesse aver così profondamente influenzato le sue scelte mi aveva davvero colpita. Trascorso altro tempo, in cui di Sara avevo nuovamente perso le tracce, squillò il mio telefono: era lei, questa volta in attesa di un bimbo, che mi chiedeva se potevo assisterla nel suo parto in casa…Che meraviglia! Sara ha partorito splendidamente la sua piccolina, Elena. Con noi c’erano anche la mamma di Sara e Ada, una giovanissima ostetrica, poichè per me è consuetudine ormai portare le giovani leve quando assisto a domicilio, per trasmettergli quel poco che posso di un’esperienza così singolare. Quante donne! Naturalmente anche Carlo, il compagno di Sara, era presente e molto coccolato da tutte noi…A poco a poco il resto della famiglia si è aggiunto alla festa: eravamo davvero tanti!

Questa storia mi pare perfetta sia per raccontare di me e della mia professione che per offrire alle donne una prospettiva diversa sull’ esperienza di parto, che può essere vissuta con pienezza, rispetto e sicurezza anche nell’ambiente intimo, calmo e rassicurante della loro casa.

3 pensieri su “Vita da ostetrica, vita di donne…

  1. Che meraviglia, questa comunione emotiva che definire “complicità” non mi piace, mi suona male.
    Questa cordata (non catena…) che attraversa le generazioni!

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